Non so esattamente dire quante sono le persone incontrate nelle aule che ho frequentato o organizzato ma sono davvero tante, probabilmente qualche migliaio in oltre vent’anni.

La passione per la formazione nasce dalla passione per il fundraising e le sue dinamiche, cosa che mi ha portato a voler trasferire, o cercare di farlo, un po’ di quanto ho dentro, che è sommatoria o, meglio, moltiplicazione di quanto ho appreso negli anni dentro, fuori e accanto le organizzazioni e gli enti pubblici che si sono affidati ai miei giudizi.

Si parta da una premessa che è d’obbligo: fare fundraising non coincide con la semplicità della raccolta fondi, cosa che tra l’altro non è. Fare fundraising o, meglio, essere un fundraiser coincide invece con un approccio alla sostenibilità e al sociale che deve prevedere necessariamente uno stile e un modo d’essere che gli sono propri e che fatico a descrivere in parole se non attraverso i comportamenti e le azioni.

Qualche anno fa, in occasione dell’aggiudicazione dell’Italian Fundraising Award, dissi appunto questo: una persona non fa il fundraiser; una persona è un fundraiser (nel video che ti invito a vedere qui). La demarcazione è sottile benché sostanziale. Comprenderla significa porsi nella giusta ottica di accettazione di alcuni modi di agire che, secondo una lettura un po’ superficiale potrebbero essere confusi con un fare che porta preminentemente ad obiettivi di tipo commerciali per mezzo di leve di marketing a volte anche molto spinte. Non è così: sotto, sopra e accanto c’è molto di più e di molto più complesso che a volte sfianca, altre appassiona, altre delude, altre ancora sorprende per ricchezza e profondità.

Quella del fundraiser non è semplicemente una figura di un tecnico alla ricerca di un atto di dono. Diversamente, di un professionista che fa leva sulle sue diverse caratteristiche (di competenza e umane) affinché l’interesse verso un bisogno di un terzo, il più delle volte ma non sempre, si concretizzi lasciando tutti gli attori in gioco – ente, beneficiario, sostenitore – pienamente soddisfatti e, se possibile, più ricchi – metaforicamente parlando – e completi, rispetto a prima.

Nel rapporto tra questi attori, la variabile risorsa – denaro, persona, strumento – è il mezzo attraverso cui il bisogno viene soddisfatto e ciò non può prescindere da un momento negoziale e d’investimento anche economico tipico della dimensione di mercato.

Per comprendere tale implicazione è necessario un passo culturale possibile solo attraverso un’educazione al dono più matura e orientata al risultato. Un approccio al sociale disincantato e consapevole, diverso dall’azione dell’aiuto tout court che tanto fa ma che a un certo punto deve fermarsi più per necessità reali che per istinto.

Da questa visione, prende il via il master SFREM venerdì 3 novembre. Un percorso verso la costruzione di un fundraising maturo e strutturato, che cresca e si confermi con il tempo, con cuore, passione, determinazione e preparazione.

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La chiusura delle iscrizioni è prorogata al 31 ottobre. Iscriviti ora.

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