Fotolia_64862202_XSSe un’organizzazione nonprofit mi chiedesse qual è il segreto per svolgere al meglio i propri compiti e fare un buon servizio di utilità sociale, saprei esattamente cosa risponderle: sostenibilità.

Per raggiungerla, non ci sono scorciatoie ma solo un grande lavoro quotidiano di strategia, programmazione, organizzazione, rispetto delle scadenze. Più semplicemente: c’è il fundraising. Altre strade non ne conosco se non la buona sorte che, ci auguriamo, ci assista sempre ma alla cui fortuna sarebbe ingenuo affidarsi.

Fare fundraising – e farlo bene, aggiungo – è l’unica strada che un’onp possa decidere di intraprendere se vuole fare – e farlo bene, aggiungo ancora una volta – ciò per cui è nata: la propria missione sociale.

Raggiungere gli scopi a statuto non può prescindere dalla sostenibilità economica, ovvero dalla capacità di stare sul mercato con le proprie gambe, unica variabile che io conosca che possa assicurare indipendenza e libertà d’azione.

I tempi sono maturi per provare a pensare all’organizzazione in modo diverso, più strutturato. Più impresa, insomma:

  • per essere più efficaci ed efficienti;
  • per poter offrire i propri servizi di bene comune a comunità più ampie;
  • per soddisfare un bisogno più allargato.

Essere impresa significa proporsi prospettive di crescita: organizzativa, strutturale, progettuale. Tutto ciò porta con sé un’analisi profonda e qualche compromesso, in primis con se stessi. Ma è necessario. Eccome.

Avvantaggiarsi e acquisire quote di competitività è la soluzione perché, allo stato attuale, non serve solo far bene il tuo lavoro: serve che gli altri lo sappiano.

Parlavo, più sopra, di sostenibilità economica e di tempi maturi. Sta tutto qui: decidere quando farlo, come farlo e con chi farlo. Il perché è noto. Quindi, se esistono i presupposti per fare un buon lavoro, ovvero una mission credibile, degli obiettivi tangibili, un impatto misurabile, una reputazione salda (non poco, eh!, s’intende), a mio modo di vedere i limiti dell’organizzazione si riducono a due:

  • il poco coraggio che porta a comunicazioni modeste e/o troppo prudenti;
  • l’incapacità di cogliere le giuste opportunità.

Più di prima, è necessario affinare l’abilità di cogliere il momento e di farlo in termini competitivi, avendo chiaro che lo scenario è cambiato e l’ambito nel quale ci muoviamo vede attori che prima erano semplici comparse: la scuola, le biblioteche, l’amministrazione pubblica, la politica.

Meglio esserne consapevoli. E agire. In modo serio e maturo.

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