Una delle regole che vengono insegnate fin dai corsi base di fundraising è che “le persone donano alle persone” e non alle organizzazioni. La personalizzazione nella richiesta del dono, la relazione e la fiducia che si ha nell’altro sono i tre ingredienti principali che concorrono alla conversione ad un appello. Non è detto che poi ciò si verifichi ma, certo, la loro mancanza può invece pregiudicarne l’esito e vanificare gli sforzi profusi, generalmente tanti e di diversa natura (specie in questo periodo, aggiungo).

Gli aspetti narrativi sono dunque centrali. La capacità di comunicare all’altro è regina. In ogni contesto di dono così come nella relazione tra le persone: una parola parola fuori posto, un gesto poco accorto, un “non gesto” et le voilà, la frittata è fatta.

Le parole toccano il cuore ma un’attenzione particolare al che non diventino strumentali va data. Questo rischio è aggirabile facilmente grazie alla continuità comunicativa che (sì!) deve essere anche fine a sé stessa, ovvero che abbia semplicemente il gusto di comunicare, mantenendo attiva quella connessione emotiva tra ente e persona che, diversamente, diventa opportunismo bell’e buono.

Il donatore modello è una persona sempre più attenta e sempre meno incline a “cascare” nella rete. Ben volentieri si presta a diventare partner attivo ma alla base ci devono essere quei tre elementi di cui abbiamo parlato all’inizio e che banalizzo volentieri in un concetto molto più semplice: cura, cura, cura!

Dunque, la continuità, benché dettata da una cura all’approccio e alla disponibilità dell’altro e senza che questa diventi insistenza, può certamente trovare un aiuto dall’uso di alcune parole che non possono mancare nella nostra cassetta comunicativa. Ben accetti i sinonimi che cerchino di evitare accuratamente, e per quanto possibile, l’ordinaria – e purtroppo molto diffusa – locuzione “Aiutaci ad aiutare”.

Ecco 7 parole e comportamenti che possono accompagnare al dono:

  • 1. Tu e noi. Tu e noi portano “dentro”: “tu” investe il senso del contributo di cui il donatore si fa protagonista; “noi” rappresenta il senso di appartenenza e comunità a una causa. Usa il “tu” e il “noi” calibrandoli.
  • 2. Oggi. Mai come oggi c’è bisogno del tuo aiuto perché questa situazione, la situazione di cui ti sto parlando, si sta verificando proprio in questo momento. Occhio, però: l’appello all’urgenza deve avere un motivo reale e va giustificata Se questo motivo non c’è, inutile crearla.
  • 3. Perché. Qual è il motivo per cui richiediamo il dono? Qual è la reason why? Donare è bello ma chiedere è difficile. Chiedi se ci credi, tutto diventerà magicamente più semplice.
  • 4. Grazie. Non dimentichiamo che un grazie è un sorriso scritto. Un grazie, al suo pari, apre le porte se percepito con il cuore. Ringraziamo con il sorriso, le persone lo percepiranno.
  • 5. Cambiamento. Racconta i motivi per cui e come l’intervento di ciascuno può influire cambiando in meglio lo stato di bisogno attuale. Le persone hanno la necessità di sapere che il loro contributo, anche se 6. piccolo, è stato cruciale nell’arrivare alla fine di un progetto: che senza quel pezzettino, quanto auspicato non sarebbe stato raggiungibile.
  • Indicazione del 7. bisogno. Ma di quanto abbiamo bisogno? Il donatore non lo sa, noi sì. Diciamoglielo. In questo modo gli è più semplice decidere se aderire o meno al nostro appello.

Chiudo con un paio di consigli editoriali per questo Natale per chi è avvezzo alla scrittura, si diletta a dare un viso alle parole magari con Canva o desidera semplicemente arricchire la propria biblioteca di fundraising personale: Le basi proprio della grammatica, di Manolo Trinci, ed. Bompiani; The Advertising Concept Book, di Pete Barry, Tames & Hudson (solo in inglese ma molto intuitivo).

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