Quando qualche settimana fa la redazione di Pluraliweb del CESVOT mi ha invitata a scrivere di crowdfunding, ho voluto, come prima cosa, rendermi conto della portata del fenomeno; materia che conoscevo solo in parte ma che non avevo mai approfondito. Come capita di sovente, lo stimolo è stato sufficiente per mettere in moto una reazione a catena che mi ha stimolata a saperne di più.

Con il web e, in particolare, il web 2.0 al mondo associativo sono state offerte opportunità incredibili. Opportunità ben al di sopra di quelle sospettabili il cui limite è dettato solo dalla fantasia e dalla creatività di chi li usa. Di queste opportunità, il crowdfunding non è che una parte, che oserei definire “terminale”, di tutta una serie di attività che il nonprofit potrebbe sfruttare in modo sapiente – o comunque di più e meglio – nelle proprie azioni di pr quotidiane e con l’obiettivo pacifico di raggiungere i propri obiettivi sociali.

E’ quello che prende il nome di crowdsourcing. Ecco cosa si legge su Wikipedia:

Il crowdsourcing (da crowd, folla, e outsourcing, esternalizzare una parte delle proprie attività) è un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione affida la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un progetto, oggetto o idea ad un insieme indefinito di persone non organizzate in una comunità preesistenti. Questo processo viene favorito dagli strumenti che mette a disposizione il web e viene reso disponibile, in open call, attraverso dei portali presenti sulla rete internet. (…)

In altre parole, se con l’outsourcing viene esternalizzato un servizio delegando a un terzo soggetto la produzione di un’attività, con il crowdsourcing è come se questo terzo soggetto venisse coinvolto in prima persona in un processo produttivo.

Al concetto di delega delle responsabilità si sostituisce quello di reciprocità, premiando e privilegiando il punto di vista allargato, di comunità (ndr).

Un simile sentimento partecipato di democrazia (tipico della Rete) sposa perfettamente lo spirito di solidarietà del mondo associativo. Il crowdsourcing può così essere impiegato da una ONP in modo diverso: dal marketing alla raccolta fondi, da attività di sensibilizzazione a quelle di people raising. E’ un ottimo modo per ottenere il sostegno di una comunità allargata o di intercettare nuovi prospect. Un fenomeno ancora più importante se pensato affiancato agli strumenti proposti nel Web 2.0.

Su questa linea, vi sono una serie di attività che ho trovato in Rete e che possono contribuire a far crescere l’organizzazione:

  • Crowdvoting: chiedere alla comunità un parere o un voto su un determinato argomento. Questo favorisce il senso di responsabilizzazione e di partecipazione alla causa;
  • Crowdcreation: chiedere alla comunità di contribuire a realizzare un progetto specifico attraverso le proprie qualità e competenze;
  • Crowdmicrovolunteering: coinvolgere la comunità in minuscola attività di volontariato. Questo è possibile con piattorme come Sparked.com o Mechanical Turk di Amazon. Da vedere;
  • Crowdpooling: questo tipo di attività si basa sul concetto di condivisione delle informazioni per la risoluzione dei problemi. Ne è un esempio la piattaforma Ushahidi, sistema open source di raccolta informazioni, visualizzazione e mappatura interattiva. Da scoprire;
  • Crowdfunding: raccolta fondi di comunità. Ne abbiamo parlato lungamente qui e nello speciale del CESVOT al quale rimando.

Intercettare la comunità. Sollecitarne l’attenzione. Spingere all’azione. Secondo il meccanismo che in pubblicità prende il nome di AIDA (Attention; Interest; Desire; Action).

Ecco qualche piccolo suggerimento per sfruttare al meglio le opportunità offerte dal crowdsourcing:

  • PIANIFICA IN ANTICIPO: creare una campagna è facile, ciò che è difficile è interessare il prospect e spingere all’azione;
  • PUNTA SULLA SEMPLICITA’: far comprendere esattamente ciò di cui si ha bisogno non è semplice. I pubblici sono diversi. Se si vuole puntare a ottenere il massimo dei risultati, è opportuno fare in modo che tutti capiscano immediatamente obiettivi, modi e meccanismi;
  • PREMIA: una foto, una testimonianza. Insomma, rendi la tua comunità protagonista!
  • CREDICI: l’approccio positivo aiuta. Sempre.

Crowdsourcing. Web 2.0. Virtuale. Questo è il futuro. Anche nel nonprofit. Ed è più semplice di ciò che si pensi, perché il Viral – noi del nonprofit – ce l’abbiamo dentro. Scritto nel DNA.

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Di questo tema, ma con un focus sulla sanità, parlerò il prossimo 9 ottobre all’Università di Pavia all’Ottava Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale. Iniziativa promossa da Fondazione Pubblicità Progresso e sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica. Ore 15.15. A questo link, trovi programma e iscrizione on line. Magari ci si vede lì!

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