Senza troppi giri di parole, con un linguaggio diretto che gli è proprio e che lo identifica, Christian Elevati, fondatore di Mapping Change, ci spiega perché sia così importante investire bene nella crescita della struttura, con risorse umane adeguate e adeguatamente valorizzate, al pari degli investimenti per progetto. Christian è docente del modulo sulla Teoria del cambiamento all’interno del master SFREM al via il prossimo 3 novembre. La prima sessione del lavoro, dal titolo Fai il tuo gioco. Pianificazione Strategica nel Fundraising è fruibile anche singolarmente. Approfondisci qui.
Buona lettura.
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Troppe volte sento parlare e leggo – sia in finanziatori pubblici e privati che in Enti del Terzo Settore – di una insensata dicotomia fra i soldi spesi per la “buona causa” e quelli spesi per gestire e fare crescere le organizzazioni, quasi che i secondi fossero da ridurre idealmente a zero perché solo i primi sono quelli che contano. Ne sono un esempio i bandi che finanziano quasi esclusivamente le attività e gli ETS che pagano da fame operatori qualificati o che si vantano che, per ogni euro speso, solo lo 0,2% serve per gestire la struttura!
Questo ragionamento è sbagliato per tante ragioni, ma una in particolare: se non ci sono persone – motivate, formate, competenti, volontarie e/o pagate il giusto (rispetto a esperienza, ruolo e responsabilità) ed economicamente autonome – che si occupano della “buona causa, in spazi adeguati e che si dedicano anche a tutto quello che fa funzionare un’organizzazione del Terzo Settore (cercare fondi, costruire alleanze sui territori, scrivere progetti, confrontarsi internamente e decidere le strategie, aggiornarsi, informare la comunità, educare i giovani, fare partecipare i soci ove presenti, prendersi cura dei volontari etc.), neanche un centesimo sarà speso in realtà per la “buona causa”.
Operare senza risorse, lasciati a sé stessi, correndo come matti, senza mai un minimo di certezza per la sicurezza propria e della propria famiglia, con competenze insufficienti o obsolete, porterà a uno spreco di fondi certo, con varie conseguenze, tutte terribilmente negative:
- non avremo mai l’impatto sperato nei territori e, anzi, consolideremo lo status quo o, peggio, aggiungeremo nuovi problemi a quelli già presenti;
- le persone crolleranno, se ne andranno, cambieranno lavoro, spesso proprio le più motivate e competenti, quelle che non si risparmiano mai, depauperando il Terzo Settore di un valore inestimabile di idealità e risorse;
- l’organizzazione non sarà mai sostenibile: se va bene rincorrerà continuamente l’emergenza, se va male chiuderà o sarà riassorbita da altre che invece funzionano.
In conclusione, tutto il sistema del Terzo Settore e i donatori pubblici e privati, così come la Pubblica Amministrazione, devono investire significativamente anche nel rafforzamento organizzativo quale leva generatrice e moltiplicatrice dell’impatto che si vuole promuovere e generare nelle comunità nelle quali interveniamo. Altrimenti ci prendiamo in giro.
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