Quante volte nel preparare un progetto ti è capitato di chiederti:

“Mah, sarà poi davvero utile?”

A me ogni tanto sì e quando succede, per quel che mi riguarda, non si va avanti. O se devo, proseguo con fatica e con altrettanta fatica cerco di ottenere quel po’ di risultato che si può ottenere. Come in ogni professione, l’esperienza insegna e il fundraising non fa certo eccezione. Già so, per dirla breve, se un’idea è buona oppure meno fin dal suo nascere; se, quali e quanti saranno i riscontri che da quest’idea prenderanno forma.

Il corso a Forlì mi ha dato l’occasione di mettere a fuoco alcuni aspetti dell’attività del fundraiser che spesse volte passano in sordina. Vuoi perché corrispondono a un modus operandi consolidato e che quindi tendi a dare per scontati, vuoi perché credi comuni, forse banali, e quindi non ne fai oggetto di attenzione sufficiente.

fotookPoi hai la fortuna di incontrare persone diverse. Di scambiare pensieri e riflessioni con intelligenze vere, vivide e vicaci. Capita così che ti rimetti in discussione e vedi le cose sotto una nuova luce. Ti rendi conto di quanto bisogno e quanta fame invece ci sia sul rivedere aspetti tutto sommato semplici ma che fanno, a conti fatti, la differenza nell’approccio al donatore.

E allora ti chiedi:

Nel mettere a frutto quest’idea ho considerato davvero tutto quello che c’era da considerare o mi sono perso qualcosa strada facendo?

Nella gestione di un progetto, così come nella relazione con il possibile donatore, sono 3 i presupposti che mi sento di suggerire e che nascono da un percorso di esperienza.

1. PRESUPPOSTI PERSONALI

  • ASSERTIVITA’. L’assertività (dal latino “asserere” che significa “asserire”), o asserzione (o anche affermazione di sé), è una caratteristica del comportamento umano che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni e opinioni senza tuttavia offendere né aggredire l’interlocutore. La domanda è: ci credi davvero?

2. PRESUPPOSTI RELAZIONALI

  • ASCOLTO. L’arte dello stare a sentire l’altro con attenzione e con tutto se stesso. Non è un atto superficiale che prevede la semplice funzione uditiva.
  • RECIPROCITA’. Il valore dello scambio.
  • ENFATIZZAZIONE della partnership nel tempo.
  • ENTUSIASMO. Il giusto approccio.
  • EMPATIA. Apertura all’altro.

3. PRESUPPOSTI SPECIFICI

  • MISSION: missione e visione dell’ente sono sufficientemente chiari e condivisi? Nel progetto sono ben esplicitati?
  • IL PROGETTO È COERENTE con gli obiettivi e gli scopi della ONP?
  • GLI OBIETTIVI SONO CHIARI, TANGIBILI, MISURABILI, VERIFICABILI?
  • RITORNI (anche economici) ATTESI  DALLA PARTNERSHIP: sono stati considerati? Se sì, in che modo?
  • ORGANIZZAZIONE e PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’ (timeline) e del “CHI FA CHE COSA” nel breve, medio e lungo periodo.
  • RENDICONTAZIONE DEI RISULTATI.

A proposito di reciprocità! Non lo faccio mai, ma forse questa è l’occasione giusta per dirti grazie. Grazie per gli stimoli che mi dai nel seguirmi e nel suggerirmi argomenti sempre nuovi di cui parlare. E grazie ad Anita, Laura, Emanuela, Enirca, Margherita, Angela, Carmela, Fabio, Antonia, Gianluca, Emanuele, Davide, Dario, Angelo, Daniela M., Daniela O., Luisa, Tiziana, Luciano, Marilena, Giuseppe, Enrico, Maria Elisabetta e Silvia: persone che hanno reso la due giorni in Fundraising per la Sanità di Forlì un momento davvero speciale di formazione e crescita professionale intensa. Ai colleghi e amici Andrea Romboli (@AndreaRomboli) e Cristina Delicato. Alla Fund Raising School (@FRSchool), in modo particolare a Sandra Savelli e al direttore Paolo Venturi (@paoloventuri100).

Sul finire di questo post, ecco qual è il mio consiglio: fermati un attimo. Guardati dentro. Chiediti se quel che fai è quel che vuoi. Se quel che vuoi è quel che davvero puoi permetterti. Per te e per la tua organizzazione. Non fare per forza quel che devi. Datti delle risposte oneste. Credimi, funziona!

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