Abbiamo bisogno di innovazione per creare servizi sanitari più accessibili. Abbiamo bisogno di innovazione per portare cibo nutriente in ogni angolo del Pianeta. Abbiamo bisogno di innovazione per migliorare i risultati scolastici. Abbiamo bisogno di innovazione per contrastare il riscaldamento globale.

A scriverlo, Marc Pfitzer e Valerie Bockstette su TheGuardian.com lo scorso 29 agosto. I due si interrogano sul ruolo determinante che le imprese private possono (o devono) ricoprire nel cambiamento sociale, stando un servizio pubblico che avrebbe tutte le caratteristiche e le risorse per farlo ma che, a conti fatti, è poco agile e poco creativo.

iStock_000000812334XSmallLa parola intorno alla quale ruotano le riflessioni di Pfitzer e Bockstette è solo una: innovazione.

  • Parlano di innovazione quando cercano nuovi modi di fare business avendo caro e chiaro l’interesse per la società.
  • Parlano di innovazione quando parlano di immaginazione e percorsi di lungo periodo.
  • Parlano di innovazione quando pensano a come sconfiggere culture disfattiste e status quo profondamente radicati e convenzionali che soffocano le buone idee sul nascere.

D’altro canto, della parola innovazione – riflettono i due (e come dar loro torto?) – spesse volte ci si riempie la bocca a sproposito, fingendo risultati con impatti del tutto arbitrari.

Partendo dalla loro esperienza di managing directors all’FSG, ente di ricerca inglese, hanno individuato 5 caratteristiche che accomunano le imprese impegnate nell’innovazione sociale e che ne garantiscono il successo. Eccole descritte:

1. FAR PROPRIO UNO SCOPO SOCIALE. Definire il business intorno a un preciso obiettivo con impatto sociale può modificarne il DNA e, in modo più allargato, la cultura d’impresa intorno ad esso. Significa non pensare al prodotto in sé come fine a se stesso ma pensarlo inserito in un contesto più ampio. Qualche esempio per capire: un’azienda che produce abbigliamento sportivo si penserà impegnata a stimolare comportamenti e modi di vita più sani; un’impresa della gdo estenderà la propria attenzione al problema della nutrizione e via di questo passo.

2. INDIVIDUAZIONE DI UN BISOGNO SOCIALE DEFINITO. Dichiarazioni chiare favoriscono azioni altrettanto chiare e con obiettivi misurabili. Proporre di occuparsi di temi quali la salute, la povertà, il disagio sociale non è di per sé sufficiente. All’interno di specifiche macroaree esiste tutto un mondo di opportunità di sostegno su cui vale la pena concentrarsi per ottenere risultati concreti e di lungo periodo.

3. MISURAZIONE DEL VALORE CONDIVISO. Le aziende che innovano secondo queste indicazioni non dimenticano di misurare – attraverso pochi indicatori specifici – l’impatto che gli investimenti fatti hanno sulla comunità, sulla società nel suo insieme e, naturalmente, sul proprio business.

4. CREAZIONE DI PARTNERSHIP TRA PROFIT E NONPROFIT. La società civile (sappiamo bene, ndr) può dare il proprio importante contributo in tutte le fasi dell’innovazione e rivelarsi un partner strategico a diversi livelli: dall’individuazione e identificazione del bisogno particolare, alla progettazione, all’intervento concreto.

5. CREARE UNA STRUTTURA OTTIMALE CHE FAVORISCA L’INNOVAZIONE. Un sistema interno molto complesso il più delle volte ostacola invece che facilitare i processi. Questo avviene in particolare se si pensa di introdurre qualcosa di nuovo. Di innovare appunto. Non esiste un modo “giusto” per strutturare l’innovazione sociale. Per dirne solo due, si può istituire un gruppo di lavoro dedicato o, magari, pensare a uno spin off. L’importante è che la scelta presa sia in linea con l’identità e la cultura intraziendale.

Tutti e cinque questi elementi concorrono in egual misura al raggiungimento dell’obiettivo. Nessuno è propedeutico. Poi, a ben vedere, sono aspetti che non suonano come novità all’orecchio di un operatore del Terzo Settore, abituato com’è a pensarsi “sociale”. Tuttavia, sappiamo bene quanto sia (sempre purtroppo) più facile dirsi che a farsi. O no…

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(Thanks to:) articolo liberamente tratto da The Guardian. Il post originale lo trovi qui. Seguilo su Twitter: @guardian.

Per un approfondimento, vai sul sito dell’Harvard Business Review a questo link.

Al punto 11 della sezione Letteratura, Rapporti, Ricerche di questo blog, trovi Creating Shared Value di Michael Porter da scaricare in pdf. Vai al link.

Dalla Commissione Europea, la Guida per l’Innovazione Sociale (pdf in inglese) che trovi al punto uno delle Linee Guida dagli Enti a questo link.

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