
Proprio in questi giorni ho partecipato all’evento conclusivo di una Masterclass promossa da Ashoka Italia per l’individuazione dei prossimi Ashoka Fellow. Parliamo di imprenditori sociali del futuro, di agenti di cambiamento, di persone che vogliono trasformare il mondo attraverso azioni concrete. Alcuni di loro giovani, giovanissimi, appartenenti alla fascia iniziale della Generazione Z, nati intorno agli anni 2000. In ciascuno ho visto qualcosa di distintivo: una grande ansia di arrivare. Non l’ansia paralizzante, ma quella tipica della gioventù, solo che qui assume una forma nuova.
Rispetto alla generazione immediatamente precedente, quella dei Millennials, la Z sembra apparire più pragmatica, più focalizzata sull’obiettivo, più determinata ad arrivare facendo la differenza da soli. Credono nella comunità, ma sono altresì convinti di poter incidere individualmente con determinazione, senza attendere che tutti si muovano allo stesso ritmo. È un cambiamento radicale. La voglia di farcela con le proprie forze non è una negazione della collaborazione, ma un’accelerazione del cambiamento.
L’unicità di ciascuno, messa insieme all’unicità di qualcun altro, può davvero creare un impatto straordinario.
Il dono come atto di coerenza
Per la Gen Z, il dono non è un atto episodico o relegato ai momenti di particolare emergenza, ma una forma di espressione personale. Donare significa prendere posizione, sostenere una causa che rispecchia la propria identità e i propri valori. Le organizzazioni non profit non possono più limitarsi a chiedere aiuto: devono dimostrare di essere allineate con il modo in cui questa generazione vede il mondo. Ambiente, giustizia sociale, diritti civili, salute mentale sono tra le tematiche più sentite. Il messaggio è chiaro: se volete conquistare la Gen Z, dovete dimostrare che siete dalla loro parte, con coerenza e azioni tangibili. Di più: come ho scritto in altre sedi, il brand è brand, bene, ma non sarà comunque determinante, o meglio, condizionante nelle scelte. Questo mi pare un passo avanti di notevole interesse.
La trasparenza non è un optional
Parole come “cambiamento”, “solidarietà”, “bene comune” non bastano più. La Gen Z vuole numeri, dati, prove concrete. Dove vanno i soldi? Chi ne beneficia? Qual è l’impatto reale di una donazione? Se un’organizzazione non è in grado di rispondere in modo chiaro e immediato, perde credibilità. I bilanci sociali non devono essere lunghi report pdf sepolti in una pagina del sito, ma devono trasformarsi in contenuti visivi, interattivi, raccontati attraverso i canali che la Gen Z frequenta: storie su Instagram, video su TikTok.
Dono digitale, fluido, immediato
Per questa generazione, tutto passa attraverso lo smartphone. Non si tratta solo di avere un bottone “Dona Ora” sul sito (che comunque deve essere mobile-friendly e intuitivo), ma di pensare a nuove modalità di coinvolgimento. La Gen Z apprezza le microdonazioni e i pagamenti ricorrenti, soprattutto se integrati nella quotidianità. Un esempio? Le piattaforme che permettono di arrotondare il resto di un acquisto per donarlo a una causa. E poi ci sono le donazioni “emozionali”, come il supporto a un creator o un’attività solidale su Twitch, Discord o TikTok Live.
La forza della community e del peer-to-peer fundraising
La Gen Z non si fida delle istituzioni in modo cieco, ma delle persone.
“Le persone donano alle persone e non alle organizzazioni”, detto tipico e ben presente al fundraiser, qui si esplicita in modo fermo.
Un’organizzazione può anche raccontare la sua missione in modo impeccabile, ma nulla sarà convincente quanto una testimonianza diretta di un coetaneo o di un influencer di riferimento. Il peer-to-peer fundraising funziona per questo: se un amico invita a donare per una causa, la probabilità di risposta positiva cresce esponenzialmente. Ecco perché i creator digitali e le community giocano un ruolo chiave: le campagne di raccolta fondi che coinvolgono influencer sentiti come autentici e vicini ai valori della Gen Z hanno un impatto molto più forte delle classiche campagne istituzionali.
Non solo donazioni, ma azione
Donare è importante, ma non è sufficiente. La Gen Z vuole essere coinvolta, vuole fare parte del cambiamento in modo attivo. Un’organizzazione che offre solo la possibilità di donare, senza creare opportunità di partecipazione reale, rischia di perdere l’attenzione di questo target. Il volontariato digitale, le campagne di sensibilizzazione da portare avanti sui social, le petizioni e le sfide collettive sono tutti strumenti che permettono alla Gen Z di sentirsi protagonista, non solo sostenitore passivo.
Come conquistare la Gen Z al dono?
La risposta non sta nelle strategie tradizionali, ma in un cambio di mentalità:
- Siate veri e trasparenti: evitate il linguaggio corporate e parlate con loro, non a loro.
- Semplificate il processo di donazione: pochi click, mobile-first, integrazione con gli strumenti che già usano (Apple Pay, PayPal, Satispay).
- Usate i loro canali: niente email chilometriche, meglio Instagram, TikTok, Twitch e Discord.
- Create esperienze, non campagne: il fundraising per la Gen Z è interazione, storytelling, community.
- Rendete il dono condivisibile: una donazione deve poter essere trasformata in un contenuto che possa essere rilanciato, discusso, celebrato.
La Gen Z è la generazione del cambiamento. Se il non profit vuole parlare la loro lingua, deve abbandonare la rigidità delle vecchie strategie e abbracciare un approccio più aperto, inclusivo e tecnologico. Perché se è vero che donare è un atto d’amore, per la Gen Z è anche un atto di coerenza, identità e azione. E chi non sa interpretare questa evoluzione, rischia di restare irrimediabilmente indietro.
(Un grazie di cuore a tutto lo straordinario team di Ashoka Italia per avermi coinvolta in questo stimolante percorso di innovatori sociali – in ordine sparso: Federico, Arianna, Ada, Eleonora C., Eleonora G., Giuseppe, Luca e Sabina -, un saluto e un “buona fortuna” a tutte le persone incontrate in aula, in modo particolare alle mie compagne di viaggio Sara Tescioni di Fondazione Elsa Peretti e Aurora Caporossi di Animenta).