Nulla da fare, siamo sempre più online ma se vogliamo che un evento o un’iniziativa riescano realmente, non possiamo trascurare i media tradizionali. Ce lo suggerisce caldamente Luisa Cavagnera in questo post e ci spiega perché. Per il come, ci attende in aula alla Fundraising Academy (virtuale o reale) il prossimo 23 ottobre per 8 ore intense a tema “ufficio stampa”. Buona lettura.


Per gli abitanti del nostro Paese il mezzo televisivo è ancora quello più utilizzato, trasversalmente alle diverse fasce di età: secondo l’ultimo rapporto Censis sulla comunicazione (febbraio 2020, estratto) è il 94,2% degli italiani, complessivamente, a scegliere la tivù per informarsi e intrattenersi.

In particolare, per quanto riguarda l’informazione il Censis rileva che le prime cinque fonti preferite in Italia sono i telegiornali (59,1%), Facebook (31,4%), i motori di ricerca (20,7%), le TV all news (19,6%) e i quotidiani cartacei (17,5%). E questa preferenza per la televisione non riguarda solo gli over 65, come forse saremmo portati a credere. Anche i 14-29enni utilizzano per informarsi prevalentemente i telegiornali (40,4%), e poi Facebook (34,4%), i motori di ricerca (26,8%), YouTube (20,8%) e i siti web d’informazione (16,1%).

Un paradosso, nell’epoca della digital transformation?

Sicuramente una fotografia che spiega come siano necessarie, per le organizzazioni che vogliano far conoscere i loro contenuti, professionalità che sappiano gestire con efficacia la dimensione “omnicanale” (per rubare un neologismo al mondo del marketing) della comunicazione, sempre più imprescindibile. E se il padroneggiare più o meno disinvoltamente i social media ci fa sentire tutti citizen journalist, quando si parla di competenze e, appunto, di professionalità, l’ebrezza della disintermediazione, l’entusiasmo di sentirsi “artefici” della notizia non bastano più.

Imparare a gestire efficacemente le relazioni con i media non significa solo apprendere le regole per un buon comunicato stampa. Nella locuzione “relazioni con i media” la parola chiave è la prima. Scrivere, raccontare, costruire i contenuti è l’ultimo passaggio di un processo che senza aver costruito una relazione (con un giornalista, con uno stakeholder) non funziona. Del resto non a caso nel mondo dei social si parla di engagement: il concetto non è affatto diverso, ed è per questo che saper costruire relazioni efficaci diventa un requisito che fa la differenza.

Attraverso le media relations si entra in contatto con un mondo che ha ancora la persona al centro, invece che un algoritmo. Io lo considero un privilegio, un’opportunità, perché imparare a interagire con le intelligenze reali, prima che con quelle artificiali, è un esercizio che riesce ad essere ancora appassionante, oltre che formativo, malgrado le oggettive difficoltà che attraversano sia il mestiere del giornalista che il mondo dei media cosiddetti “classici”.

Anzi, tali difficoltà rendono ancora più importante per il professionista delle media relations affinare la qualità del suo lavoro, ascoltare e mettersi nei panni del proprio interlocutore, non derogare all’onestà intellettuale e al rispetto dei ruoli, studiare e assecondare i cambiamenti di un mondo che prova a reinventarsi.

Certo, poi è utile anche imparare a scrivere bene.  E a raccontare bene, per far arrivare i messaggi, i valori, le storie delle realtà per cui lavoriamo a tutti (o quasi…) quegli italiani, che guardano la tivù.


Procedono le iscrizioni al corso
L’UFFICIO STAMPA DI UN ENTE NONPROFIT
del prossimo 23 ottobre 2020, 8 ore
(chiusura iscrizioni, 19 ottobre)
IN AULA e ONLINE

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