300mila organizzazioni nonprofit: ecco quanto emerge dai primi dati (punto 1 della sezione) espressi dall’Istat sul Censimento promosso nel 2012. Dato il totale delle imprese attive (scarica il rapporto 2012 della Commissione Europea), nel Belpaese quasi una su dieci ha vocazione sociale. Nella totalità, il Terzo Settore costituisce il 4,3% del PIL (Unicredit Foundation, punto 7 della sezione). Allo stato dei fatti, questi semplici numeri danno il senso dell’importanza del comparto e dell’impatto che lo stesso ha a livello economico, sia in termini micro che, naturalmente, macro. Quando si pensa al sociale, tuttavia, si fatica a concepirne una lettura che vada in questo senso, quasi a volerne esorcizzare le implicazioni. Così, se a livello di Mercato questa visione incide in modo importante su aspetti interessanti su cui discutere, allo stesso modo ne influenza la comunicazione in tutte le sue declinazioni, relegandola al ruolo di accessoria. Come a dire: la causa è di per sé condizione sufficiente a ottenere l’attenzione che merita, facendo passare in secondo piano la qualità del messaggio, il suo senso e il modo in cui lo stesso viene veicolato.
La prima domanda alla quale rispondere in tutta onestà è: la missione dell’organizzazione basta a se stessa? Semplicemente no. Non basta a sé; non basta al proprio destinatario del servizio; non basta alla comunità e non basta al suo donatore, individuo o azienda che sia. A conti fatti, la comunicazione ha un ruolo da protagonista sulla sostenibilità della missione. Scelte sul come, cosa, dove, quando e perché comunicare sono propedeutiche perché comunicare bene è vitale per l’ente.
Ciò premesso, comunicare il sociale ritengo debba passare da una triplice analisi macro: interna, di relazione, di adeguatezza del modus. Vediamole brevemente.
1. ANALISI INTERNA. Una volta chiarito il primo quesito, è opportuno rispondere ad altre domande in modo altrettanto onesto:
- Qual è la percezione dell’ente da parte degli stakeholder?
- Qual è il grado di awarness della ONP nel contesto?
- L’immagine che dà è coerente con ciò che è?
- Ciò che è è, da sola, condizione sufficiente per favorire la sostenibilità?
2. ANALISI DELLA RELAZIONE. Un’organizzazione sarà tanto più capace e tanto più produttiva tanto più avrà caro e cullerà il patrimonio reale che ha: la persona e i suoi valori. Tutto questo ha un solo nome: trasparenza. Una trasparenza contabile, di messaggio, di comportamento; nei confronti di un donatore, di un volontario, di un collaboratore, di un beneficiario. Sono quattro, in particolare, le riflessioni che ho fatto sulle modalità di comunicare a beneficio della relazione e che potremmo inserire sotto la definizione nuova e più appropriata di “marketing morale”:
- Comunicare sempre con chiarezza quali sono i servizi reali che l’ONP offre alla comunità. Gli obiettivi sono riportati in statuto e sono questi che ne hanno animato la costituzione. Vanno focalizzati e, su questi, è opportuno concentrarsi.
- Comunicare sempre con chiarezza quali sono i bisogni reali, dandosi una scala di priorità. Rendendo misurabili e raggiungibili gli obiettivi.
- Comunicare con chiarezza quali sono i benefici reali prodotti cambiando prospettiva. Provare a pensare a quello che si offre o si produce in termini di prestazione con valore aggiunto e non più solo di servizio tout court.
- Comunicare sempre con chiarezza la reciprocità. L’aspetto gratificatorio non va sottovalutato. L’impegno alla causa, di qualsiasi natura e con livelli diversi, va trattato nella propria unicità.
3. ANALISI DELL’ADEGUATEZZA. Comunicare bene significa: produrre informazioni/messaggi chiari con contenuti precisi; adottare strumenti adeguati da declinare su canali efficaci. La domanda è: quanto prodotto è adeguato agli obiettivi proposti? Tutto questo significa, molto più semplicemente, comunicare in modo professionale. Se si fa economia sulla comunicazione e sui suoi aspetti, con ogni probabilità si avranno ripercussioni in termini di notorietà (e, se è il caso, di raccolta fondi) entro stretto giro.
Il Terzo Settore deve imparare a comunicare meglio e imparare a farlo in modo crescente e diversificato. Di più: deve farlo in modo intelligente, trovando il giusto compromesso tra advocacy e fundraising, con un’attenzione opportuna al budget ma senza perdere l’opportunità di innovare. Siamo agli inizi di un percorso che è iniziato ieri ma di cui si fatica ancora a comprenderne l’importanza. E’ anche un fatto culturale: pensarsi impresa organizzata e facente parte di un Mercato che compete non è nell’indole sociale di chi nel sociale opera. Così è ed è bene farci i conti. In tutto questo, il 2.0 può essere una buona palestra e un’opportunità (quasi) a costo 0. Cominciamo da qui.
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Questo contributo è inserito nel libro del Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale che verrà distribuito al Salone l’1 e il 2 ottobre. Chiederò ai responsabili di rendere disponibile la copia digitale per il download. Intanto, l’appuntamento con me è previsto per al Salone per il martedì dalle 14 alle 14.30, Spazio Keynes, secondo piano, Università Bocconi. Tema: Il ruolo della rete per la diffusione di comportamenti sostenibili.
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