Yong woman with drill and manualQuand’ero piccola, amavo terribilmente l’ovetto Kinder. Più per la sorpresa che per il cioccolato. Mi piaceva scartarlo dalla stagnola, aprirlo in due, divorarlo in un sol boccone e scoprirne infine il regalino al suo interno. Il più delle volte, si trattava di una macchinina dalle mille componenti che assemblavo con pazienza.

Diversamente d’allora, l’abilità manuale credo di averla persa con l’età, così come la dote della pazienza direbbe chi mi conosce un po’. Parallelamente, ho riversato l’arte dell’arrangiarsi in una più mentale capacità di organizzarsi e organizzare le proprie attività proforessionali. Un modus che si sposa bene con le caratteristiche che credo debba possedere chi si occupa di marketing: nel mio lavoro di fundraiser e di comunicatore sociale, sono meticolosa. Attenta al particolare. Maniacale (per fortuna, mi vien da aggiungere) e severa il più delle volte.

Nel fundraising integrato, le istruzioni per l’uso assumono un ruolo da protagonista nelle azioni quotidiane del professionista: quello di accompagnamento all’ottenimento di un risultato soddisfacente in cui ciascun componente prende posto all’interno di una scacchiera complessa ma, al tempo stesso, ordinata e carica di senso.

Ciascuna fase ha quindi una propria importanza e trova il proprio agio in un meccanismo più ampio. Al tempo stesso, ciascuna parola ha il proprio valore che non va né confuso né tantomeno svilito nel suo significato specifico. Raccontare e non solo scrivere. Rendicontare e non solo analizzare. Comunicare e non solo pubblicizzare. Quante sono le cose che un professionista della raccolta fondi deve saper fare e le deve saper fare in modo organizzato, ciclico e via via crescente? Per raggiungere risultati apprezzabili è necessario lavorare a lungo sulla chiarezza delle fasi. In questo senso, rendicontazione e comunicazione si intrecciano e sono interdipendenti. In che modo? Abbiamo cominciato a parlarne nello scorso post in merito al Ciclo della Donazione:

  1. RENDICONTARE. Al concetto di delega tout court, si sostituisce quello di corresponsabilizzazione del singolo o della comunità nel raggiungimento di un determinato obiettivo e il cui impatto va misurato e contabilizzato.
  2. COMUNICARE. L’atto comunicativo non è un atto accessorio, né tantomeno semplice. Si parta dall’assioma che comunicare non significa informare e il resto è conseguente. Fare “pubblicità”, ovvero rendere pubblico un dato, è di per sé condizione necessaria ma non sufficiente.

Comunicare i risultati significa occuparsi di questi tre aspetti specifici:

  1. Outcome significativi 
  2. Architettura del messaggio
  3. Integrazione degli strumenti e dei canali di comunicazione 

A loro volta, ciascun punto va esploso e analizzato. Eccoli descritti.

OUTCOME SIGNIFICATIVI. Ovvero, definizione e stesura dei risultati in termini misurabili, quantificabili e temporalmente definiti. La definizione di outcome significativi si genera attraverso l’uso di indicatori che abbiano l’obiettivo di rendere tangibile l’intangibile. Spesso espressi con numeri e percentuali, gli indicatori hanno caratteristiche tali da rendere immediatamente comprensibili i risultati raggiunti. Pur con identità specifiche del contesto in cui nascono, rispondono a domande valide sempre e a prescindere. Qualche esempio per permetterci di dare corpo e appropriatezza ai nostri messaggi rendicontativi:

  • Come è stata utilizzata la donazione?
  • Qual è il cambiamento reale prodotto dall’atto donativo?
  • Qual è il grado di influenza delle attività prodotte sul risultato raggiunto?
  • In che misura il donatore ha contribuito, attraverso il proprio intervento, al cambiamento?
  • Quanto resta ancora da fare?
  • I dati analizzati possono essere utilizzati per migliorare le performance dell’ONP?

ARCHITETTURA DEL MESSAGGIO. Ovvero, elaborazione di messaggi coerenti, facilmente declinabili e d’impatto. Nello strutturare il messaggio, sono molteplici gli aspetti che vanno considerati:

  • Definizione dell’oggetto della comunicazione (ricordi l’USP?)
  • Cosa si vuole comunicare e fino a che punto comunicare
  • Il target destinatario
  • Il taglio da dare alla comunicazione
  • Il tono di voce da dare alla comunicazione

INTEGRAZIONE DEGLI STRUMENTI E DEI CANALI DI COMUNICAZIONE. Ovvero, declinazione del messaggio su diversi supporti e sua veicolazione attraverso l’uso integrato di canali nuovi e classici (crossmedialità). Sappiamo bene che chiedere un sostegno a un’azienda è cosa altra rispetto alla richiesta a un donatore privato occasionale. Trattamento medesimo per la rendicontazione. Ogni situazione è una storia a sé e come tale va considerata e gestita. A ogni destinatario e a ogni messaggio corrispondono canali e strumenti specifici che rendono più o meno armonioso e convincente il messaggio che si vuole veicolare. Alcuni esempi su tutti:

  • Face to face
  • Attività di ufficio stampa
  • Bilancio sociale
  • Campagne DM o DEM
  • Relazioni pubbliche
  • Social media
  • Infografica

Quale il canale e quale lo strumento migliori? L’abilità sta nell’individuare e personalizzare la declinazione del messaggio a seconda delle variabili in gioco.

Nell’organizzazione del lavoro di gestione con il donatore, così come nelle mille variabili che caratterizzano la professione del fundraiser, riscopro l’efficacia dell’avere metodo. Predisposizione mentale un po’ noiosa all’apparenza ma a lungo andare davvero efficace nei risultati. Questa, in conclusione, la mia esperienza. Qualche altra idea per arricchirne la sostanza?

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