Se si lavora bene, arriva sempre il momento in cui un ente realizza di fare la differenza e vede il proprio impatto diventare da sperato a tangibile. Questo risultato nasce da un lavoro assiduo e ragionato, raramente da pura fortuna, sebbene anche questa possa avere un ruolo. Tuttavia, il divario tra ciò che si vuole ottenere e le azioni introdotte è spesso troppo ampio, con il rischio di disperdere energie, risorse e talvolta credibilità.

Non basta avere una missione forte o una vision ispiratrice: ciò che conta è la capacità di tradurle in una strategia concreta, in azioni misurabili e in un impatto reale.

Per evitarlo, è fondamentale un approccio strutturato. Basandomi su quanto si trova nei libri e in rete, ho provato a tradurre in un modello applicativo il processo che consente di trasformare lo scopo in una strategia attuabile e misurabile, garantendo continuità tra pensiero e azione. Un modello che applico grazie al più comune strumento a cui noi fundraiser siamo soliti guardare: il ciclo.

Il ciclo strategico del non profit

Il ciclo si basa su un processo iterativo, ovvero su un procedimento in cui il risultato si raggiunge attraverso la ripetizione di una serie di operazioni, permettendo di adattarsi ai cambiamenti del contesto. Si compone di quattro fasi chiave:

1. Definizione dello scopo: perché esistiamo e dove vogliamo arrivare?

Tutto parte dalla chiarezza della missione e dei valori, che devono essere condivisi, ispiratori e allineati con le esigenze reali della comunità o della causa che si intende sostenere. Tre elementi fondamentali guidano questa fase:

  • Vision: qual è il futuro che vogliamo costruire?
  • Mission: attraverso quali strumenti desideriamo costruire il mondo che immaginiamo?
  • Valori: quali principi guidano le nostre scelte e azioni?

Senza un’identità chiara, ogni strategia rischia di perdere direzione, vanificando gli sforzi compiuti.

2. Pianificazione strategica: come ci arriveremo?

Una volta definito lo scopo, traduciamolo in strategia concreta. Qui entrano in gioco quattro elementi essenziali:

  • Intento strategico: qual è il nostro obiettivo a lungo termine? Dove vogliamo essere tra 5 o 10 anni?
  • Leve di impatto: su quali aree focalizzeremo gli sforzi per generare il massimo cambiamento? Ad esempio, un’organizzazione che lavora per la povertà infantile potrebbe concentrarsi su educazione e nutrizione.
  • Risorse e fattori abilitanti: quali strutture, competenze e alleanze sfrutteremo? Nessuna strategia esiste senza risorse adeguate: partnership, team, finanziamenti e strumenti operativi sono fondamentali.
  • Metriche e criteri di successo: come misureremo i progressi e l’efficacia delle nostre azioni? Definire indicatori chiari (come numero di beneficiari raggiunti, livello di engagement o miglioramenti nelle condizioni di vita) ci aiuta a capire se la strategia sta funzionando o se va adattata.

Questa fase trasforma lo scopo in una direzione chiara, sostenibile e misurabile.

3. Applicazione operativa: cosa faremo concretamente?

La strategia deve tradursi in azioni concrete e misurabili. Questo significa passare dalla visione all’operatività quotidiana attraverso:

  • Obiettivi e iniziative: quali azioni specifiche introdurremo per raggiungere le leve di impatto? Se la leva è l’educazione, una possibile iniziativa può essere un programma di tutoraggio per bambini svantaggiati.
  • Responsabilità e risorse: chi farà cosa? Quali strumenti, persone e competenze serviranno per realizzare le iniziative?
  • Strumenti di monitoraggio: come raccoglieremo dati per capire se stiamo andando nella direzione giusta?
  • Meccanismi di feedback e adattamento: come reagiremo ai risultati ottenuti? Attraverso momenti di revisione periodica e il coinvolgimento degli stakeholder, possiamo affinare le azioni per migliorare l’efficacia della strategia.

Questa fase è il cuore dell’azione, dove i progetti prendono vita e l’efficacia delle strategie viene messa alla prova.

4. Misurazione e adattamento: come sapremo se abbiamo avuto successo?

L’ultimo passo del ciclo strategico è la valutazione, un elemento spesso sottovalutato nel non profit. Senza strumenti di misurazione, è impossibile sapere se gli sforzi stanno realmente generando impatto. Quattro strumenti chiave sono:

  • Indicatori di performance (KPI): quali dati e metriche ci diranno se stiamo avendo successo? Nel non profit, i KPI possono essere quantitativi (numero di persone raggiunte, fondi raccolti) e qualitativi (cambiamenti nelle condizioni di vita dei beneficiari).
  • Valutazione dell’impatto: qual è il cambiamento reale che abbiamo prodotto? Qui si analizzano gli effetti a lungo termine delle iniziative.
  • Ciclo di miglioramento continuo: cosa possiamo ottimizzare? Se i dati mostrano che una strategia non sta funzionando, bisogna adattarla e ripensarla.
  • Coinvolgimento degli stakeholder: in che modo raccogliamo feedback dai beneficiari, dai donatori e dai partner? Il confronto con gli attori coinvolti aiuta a rendere la valutazione più oggettiva e utile per il futuro.

Misurare non significa solo rendicontare, ma imparare e migliorare costantemente.

Dal ciclo alla continuità: evitare la frattura tra strategia ed esecuzione

Uno degli errori più comuni nel non profit è trattare la strategia come un documento statico, invece di vederla come un ciclo dinamico da testare, correggere e migliorare nel tempo. Per farlo:

  • È essenziale che ogni fase sia collegata alla successiva. Lo scopo deve tradursi in strategia, la strategia in azioni, e le azioni devono essere misurate. Se manca un passaggio, il ciclo si interrompe.
  • Flessibilità e adattabilità. Le sfide sociali cambiano, così come le risorse disponibili. Il ciclo strategico consente di rivedere periodicamente le proprie azioni senza perdere la direzione.
  • Comunicare e coinvolgere. Il successo di una strategia dipende dall’adesione delle persone coinvolte: team, volontari, donatori, beneficiari. Rendere chiara la connessione tra scopo e azione aiuta a mantenere motivazione e impegno.

Il Ciclo Strategico non è solo un metodo, ma un mindset: un modo di pensare e agire che permette alle organizzazioni non profit di collegare lo scopo alla realtà.

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