Da anni mi occupo di consulenza nel Terzo Settore, un ambito affascinante e complesso in cui passione, competenze e valori si intrecciano. Recentemente, la ricerca promossa da EuConsult Italia a cui la mia Agenzia ha contribuito mi ha spinto a riflettere su alcuni aspetti del nostro lavoro che rimangono spesso “non detti”. Sono quelle dinamiche invisibili ma fondamentali che fanno la differenza e che meritano di essere esplorate.
Condivido qui alcune riflessioni, non per dare risposte definitive, ma per aprire un dialogo su temi che considero centrali.
1. L’equilibrio tra coinvolgimento e distacco
Essere consulenti nel Terzo Settore significa entrare in contatto con cause e progetti che toccano profondamente. Tuttavia, è essenziale mantenere il giusto distacco per garantire una visione obiettiva e strategica. Non è semplice.
Ho imparato sulla mia pelle quanto sia difficile non lasciarsi sopraffare dall’empatia (ci casco ancora, mio malgrado) o, al contrario, non apparire freddi agli occhi delle organizzazioni che assistiamo. Questo equilibrio richiede una consapevolezza costante e, a volte, la capacità di dire di no per il bene del progetto (mi è successo, purtroppo. Non è facile tirarsi indietro, ma non mi sono mai pentita di aver rinunciato strada facendo).
2. L’importanza dell’esperienza pratica
La teoria è indispensabile, ma è l’esperienza sul campo a fare davvero la differenza. Ogni progetto, ogni cliente, ogni sfida è una lezione che arricchisce e affina le nostre competenze.
Eppure, mi accorgo che spesso si tende a idealizzare la figura del consulente come un “guru” onnisciente, che sappia trovare soluzioni innovative anche laddove il terreno è sostanzialmente arido. Non siamo supereroi, ma professionisti che imparano giorno dopo giorno. Credo che sia importante rivendicare il valore dell’apprendimento continuo e della collaborazione con il cliente. La responsabilità è sempre partecipata e i patti devono essere chiari perché l’amicizia sia lunga.
3. La mancanza di regolamentazione professionale
Nel fundraising e nella consulenza, la mancanza di standard chiari lascia spazio a fraintendimenti e, purtroppo, anche a operatori poco seri. Ho visto situazioni in cui questa mancanza di regolamentazione ha creato confusione e danneggiato la reputazione dell’intero settore.
Mi chiedo spesso: è possibile definire delle regole che tutelino il professionista senza escludere chi ha esperienza sul campo ma non un “titolo” ufficiale?Una sfida aperta, ma necessaria.
4. Il nodo delle provvigioni
Questo è uno dei temi più delicati. La scelta di remunerare un consulente basandosi su provvigioni (percentuali legate ai risultati) è eticamente discutibile e mina la sostenibilità del nostro lavoro.
Non è facile spiegare a un’organizzazione che il valore del nostro contributo non può essere legato esclusivamente al risultato finale, ma anche al percorso che portiamo avanti insieme. Educare il settore su questo tema è una battaglia che porto avanti da sempre con convinzione, anche se non sempre è semplice. Non si tratta solo di etica, ma di una questione squisitamente pratica: il rischio di impresa non può ricadere esclusivamente sul consulente. Ne ho parlato diffusamente sul blog.
5. La formazione continua come necessità
Per me, investire nella formazione non è un’opzione, ma una necessità. Eppure, troppo spesso mi confronto con la percezione che formazione e aggiornamento siano un “costo” anziché un investimento.
Ho imparato a scegliere corsi, eventi e momenti di apprendimento che abbiano un reale valore aggiunto per il mio lavoro. Ma mi domando: come possiamo promuovere questa mentalità anche nelle organizzazioni che supportiamo?
6. Il valore del networking di qualità
Nel mio percorso, il networking ha sempre avuto un ruolo cruciale. Ma non tutti i network sono uguali. Una rete necessita relazioni autentiche basate su uno scambio reale di competenze e visioni. Costruirla richiede tempo, impegno e una buona dose di intuito.
Ho imparato che la qualità delle relazioni conta più della quantità e a volte può essere necessario prendersi pause di riflessione che consentano di analizzare “dove sei e con chi sei”, per ripartire con spirito rinnovato.
7. La solitudine del consulente
Un aspetto spesso trascurato è la solitudine che accompagna il lavoro del consulente. Spesso ci troviamo a prendere decisioni importanti senza un confronto immediato, a rispondere a domande complesse senza un interlocutore con cui discutere.
Questa solitudine può portare a dubbi, insicurezze e, talvolta, a scelte meno efficaci. È fondamentale creare reti di supporto, gruppi di confronto e momenti di condivisione con altri professionisti per arricchire le nostre prospettive e migliorare la qualità del nostro lavoro.
Queste sette riflessioni nascono dalla mia esperienza personale e dalla volontà di aprire un dialogo su temi che ritengo fondamentali per il nostro settore. Mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni e le vostre esperienze in merito.