In vista del workshop applicativo sull’impresa sociale che si terrà il prossimo 7 febbraio nella sede di Rho della Fundraising Academy, Sergio Conte, fiscalista specializzato nel nonprofit, in questo post descrive le linee guida su questa forma giuridica alla luce della Riforma del Terzo settore. Un vademecum utile per orientarsi subito e capire se, per il proprio progetto d’impresa, può essere la strada giusta. Buona lettura.
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L’impresa sociale, per la prima volta, ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico con il D.Lgs 155/2006. L’introduzione di questa nuova figura è stata sollecitata dalla rilevanza che nel corso degli anni il Terzo settore ha assunto nel tessuto collettivo. L’innovazione più importante fu nel fatto che anche le imprese in forma di società potevano assumere la qualifica di impresa sociale. In tal modo esse diventavano il trait d’union fra il mondo delle organizzazioni a scopo di lucro (o profit) e quello degli enti senza scopo di lucro (o non profit). Nella pratica le conseguenze di questo Decreto sono state limitate, come testimonia il fatto che dal 2006 al 2017 ne sono nate solo alcune centinaia. Ciò è stato dovuto soprattutto al fatto che la disciplina dell’impresa sociale non prevedeva norme agevolative specifiche sul piano fiscale.
La legge 106/2016 ha delegato il Governo all’adozione di norme finalizzate alla riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile universale. Il legislatore delegante, quindi, ha espressamente incluso tra gli ambiti di intervento oggetto della delega anche quello relativo al riordino e alla revisione della disciplina in materia di impresa sociale. A tal proposito, è stato adottato il Dlgs 112/2017, il quale ha riscritto completamente la disciplina, prevedendo l’abrogazione del precedente Dlgs 155/2006, di cui, tuttavia, conserva la struttura essenziale, pur se fortemente modificata nei contenuti.
Il disegno riformatore ha interessato tutti i profili della figura, sia quelli di carattere organizzativo sia quelli più propriamente giuridico/fiscali, allo scopo di favorirne una maggiore diffusione e un più penetrante radicamento nell’ambito delle articolazioni del non profit. Ecco i punti principali:
- Qualificazione dell’impresa sociale quale organizzazione privata che svolge attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, che destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale, adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività;
- La previsione che l’acquisto della qualifica di impresa sociale comporta automaticamente quello di “Ente del terzo settore”; di conseguenza, l’iscrizione nell’apposita sezione del Registro delle Imprese comporta anche quella nel Registro unico nazionale degli enti del terzo settore (Runts);
- Acquisizione di diritto della qualifica di impresa sociale da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi;
- Previsione di forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente; si viene così a creare, accanto al settore “profit” ed a quello “non profit”, anche un settore “low profit”, cioè a “scopo di lucro limitato”;
- Obbligo di redazione del Bilancio d’Esercizio (ai sensi degli articoli 2423 e seguenti del codice civile, in quanto compatibili) e del Bilancio Sociale, che dovranno essere anche depositati presso il Registro delle Imprese;
- Ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati, tenendo conto delle nuove forme di esclusione sociale, anche con riferimento ai principi di pari opportunità e non discriminazione, prevedendo una graduazione dei benefici finalizzata a favorire le categorie maggiormente svantaggiate;
- Nomina fin dall’atto costitutivo, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci allo scopo di monitorare e vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto da parte dell’impresa sociale, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni in materia di responsabilità amministrativa (Dlgs 231/2001), e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile
- Possibilità per le imprese sociali di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici, in analogia a quanto previsto per le start-up innovative.
Il decreto, inoltre, in coerenza con quanto previsto dalla legge delega, ha introdotto significative misure fiscali finalizzate alla promozione e allo sviluppo dell’impresa sociale. Tra le più rilevanti, segnalo:
- Detassazione degli utili e degli avanzi di gestione reinvestiti nell’attività;
- Detrazione Irpef del 30% delle somme investite dal contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di 5 anni (l’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 1 milione di euro e deve essere mantenuto per almeno cinque anni);
- Deducibilità dal reddito dei soggetti passivi Ires del 30% delle somme investite nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di 5 anni (l’investimento massimo annuo deducibile non può eccedere l’importo di 1.800.000 euro e deve essere mantenuto per almeno cinque anni);
- Esclusione dell’applicazione nei confronti delle imprese sociali delle disposizioni relative alle società di comodo, alle società in perdita sistematica, agli studi di settore, ai parametri e agli indici sintetici di affidabilità fiscale.
Per non determinare una disparità di trattamento tra le imprese sociali costituite in forma societaria e quelle costituite in forma non societaria, le agevolazioni di cui ai punti 2) e 3) sono estese anche alle imprese sociali costituite in forma di fondazione.
E per finire, un’altra importante novità per le imprese sociali: a partire dall’anno successivo a quello di avvio dell’operatività del Runts (prevedibilmente dal 2020), esse rientreranno tra gli enti beneficiari del Cinque per Mille dell’Irpef.
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