Mentre siamo ancora in attesa dell’avvio del Runts (gli ultimi rumors quotano il mese di ottobre), la Riforma del Terzo Settore ha compiuto un altro passo avanti: nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 26 luglio è stato pubblicato uno dei decreti attuativi più attesi, ovvero il Regolamento concernente l’individuazione dei criteri e dei limiti delle «attività diverse». Sul tema, ci aggiorna Sergio Conte, fiscalista del nonprofit e formatore alla Fundraising Academy, in questo post. Buona lettura.
L’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 117/2017 prevede che gli ETS possano esercitare attività diverse da quelle di interesse generale di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano; gli Enti del Terzo Settore avranno, perciò, l’opportunità di finanziare le proprie finalità istituzionali con i proventi derivanti dallo svolgimento di attività commerciali ausiliarie, potendo così ricorrere a canali alternativi rispetto ai contributi pubblici e alla filantropia.
Sempre l’articolo 6 stabilisce, però, che le attività diverse siano secondarie e strumentali: ecco dunque che il decreto ministeriale mira proprio a disciplinare i concetti di secondarietà e di strumentalità. Le attività sono definite “strumentali” qualora, indipendentemente dal loro oggetto, siano realizzate in via esclusiva per il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale dichiarate (art. 2 del decreto). Di conseguenza, si desume che possano essere esercitate tutte le attività purché il loro introito, dedotti i relativi costi, sia interamente destinato a finanziare la mission istituzionale.
Per quanto concerne la secondarietà, riprendendo in parte una omologa disciplina prevista per le imprese sociali (art. 2, co. 3 D.Lgs 112/2017) e in altra parte la disciplina concernente le attività direttamente connesse delle Onlus (art. 10, co. 5 D.Lgs 460/97), l’articolo 3 del decreto ministeriale dispone che le attività diverse sono considerate secondarie quando, in ciascun esercizio, si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
- i relativi ricavi non siano superiori al 30% delle entrate complessive;
- i relativi ricavi non sono superiori al 66% dei costi complessivi.
Un aspetto molto interessante e soprattutto innovativo nel panorama normativo del Terzo Settore è quanto introdotto dal comma 3 del sopra citato articolo 3, laddove viene previsto che tra i costi complessivi rientrano anche:
- I «costi figurativi» relativi all’impiego dei volontari abituali iscritti nel pertinente registro, calcolati attraverso l’applicazione della retribuzione oraria lorda prevista dalla corrispondente qualifica dai contratti collettivi alle ore di attività di volontariato effettivamente prestate;
- Le erogazioni gratuite di denaro e le cessioni o erogazioni gratuite di beni e servizi, quantificate per il loro valore normale;
- La differenza tra il valore normale dei beni o servizi acquistati per lo svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.
Questa previsione sicuramente avvantaggerà tutte quelle organizzazioni che impiegano un numero cospicuo di volontari continuativi oppure che esplicano la propria attività attraverso l’erogazione gratuita di beni e/o servizi.
L’organo di amministrazione, in sede di predisposizione del Bilancio consuntivo annuale, dovrà documentare il carattere secondario delle attività diverse esercitate ed il criterio di valutazione utilizzato.
Non essendoci alcuna disposizione normativa in merito alla “continuità” del criterio adottato, si presume che esso possa mutare da esercizio ad esercizio.
Il quarto e ultimo articolo del decreto ministeriale è dedicato agli obblighi e alle sanzioni in caso di superamento dei limiti; al verificarsi di tale circostanza, entro 30 giorni dall’approvazione del Bilancio, l’ETS ha l’obbligo di effettuare un’apposita segnalazione all’Ufficio del Registro Unico territorialmente competente ed eventualmente alla rete associativa nazionale a cui si aderisce (se appositamente autorizzata dal Ministero a svolgere attività di controllo). Nell’esercizio successivo l’ETS dovrà “recuperare”, rientrando per una percentuale almeno pari al superamento. Esempio:
Anno n
- Entrate complessive: 100
- Entrate attività diverse: 35
- Sforamento: 5 (5%)
Anno n + 1
- Entrate complessive: 150
- Limite attività diverse (30%): 45
- Recupero sforamento anno precedente (5% di 150): – 7,50
- Importo massimo attività diverse anno n+1 (45-7,50): 37,50
In caso di superamento dei limiti per due esercizi consecutivi o di omessa segnalazione, l’Ufficio del Runts territorialmente competente procederà alla cancellazione dell’ente dal Registro Unico.
Verrebbe da pensare, con un sospiro di sollievo, che la questione sia risolta… Purtroppo, ancora no.
I proventi delle attività diverse sono inquadrati sempre come fiscalmente rilevanti e, in base a quanto contenuto nell’art. 79 del Codice del Terzo Settore, contribuiscono insieme agli altri proventi a determinare la natura di ente non commerciale/ente commerciale; il fatto che l’art. 79, così come la maggior parte del Titolo X, non sia ancora in vigore (non ci dimentichiamo che manca ancora l’autorizzazione della Commissione Europea!), continua a generare un contesto normativo di grande indeterminatezza.
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