Qualche giorno fa, EuConsult Italia ha presentato i risultati di una vasta indagine sulle competenze dei consulenti del Terzo Settore. Lo studio, che ha coinvolto 229 professionisti, di cui 165 italiani, ha offerto uno spaccato illuminante su un settore in continua evoluzione e ha delineato un profilo dettagliato del consulente medio che opera nel contesto italiano.

Chi sono i consulenti del Terzo Settore?

Fotografia del consulente del non profit in Italia

Il consulente medio tipo si distingue per la maturità e la formazione:

  • Età media: 49 anni.
  • Livello di istruzione: 50% laureati, 31% con titoli post-laurea.
  • Anni di esperienza nel settore: 11 anni in media.
  • Rappresentanza femminile: 60% donne.

La versatilità è una caratteristica chiave: i consulenti del Terzo Settore si occupano mediamente di più di due ambiti diversi, come fundraising, project management, formazione, strategia e comunicazione. Solo il 28% si specializza in un unico settore, mentre il 16% gestisce attività in quattro diverse aree, dimostrando una notevole capacità di adattamento alle esigenze dei clienti.

I clienti appartengono a una varietà di settori:

  • 50% collaborano con enti culturali e artistici.
  • 51% lavorano con servizi di assistenza sociale.
  • 39% con enti di attività ricreative e socializzazione.
  • 32% con enti di volontariato.

Il reddito annuo e le differenze geografiche

Uno degli aspetti più interessanti dell’indagine riguarda il reddito:

  • Il reddito medio annuo è di circa 30.000€, ma si registrano forti disparità, con redditi che variano da zero a oltre 100.000€.
  • Esiste un evidente gender gap, con le donne che dichiarano in media redditi inferiori rispetto agli uomini, nonostante rappresentino la maggioranza.
  • I consulenti italiani guadagnano meno rispetto ai colleghi di altri Paesi europei (+ 20/30% in più), dove la media è spesso superiore, evidenziando una sfida competitiva per il Belpaese non indifferente.

Le competenze: hard skills e soft skills

L’indagine ha evidenziato che le competenze più importanti per i consulenti non si limitano alle capacità tecniche (hard skills), ma includono anche soft skills essenziali come la leadership, l’empatia e la gestione del cambiamento. Tra le competenze tecniche, il fundraising e la gestione delle risorse umane sono emerse come le più cruciali. Tuttavia, anche le capacità di comunicazione, gestione finanziaria e analisi dei dati sono considerate indispensabili.

I consulenti dimostrano un forte impegno per l’aggiornamento professionale: il 70% partecipa regolarmente a corsi di formazione, con una media di 38 ore all’anno. Questo evidenzia un bisogno continuo di reskilling, ovvero l’apprendimento di nuove competenze per svolgere un ruolo diverso da quello attuale (utile quando una posizione lavorativa diventa obsoleta o quando un’organizzazione ha bisogno di spostare le persone verso ruoli che richiedono competenze differenti) e upskilling, ovvero il miglioramento e/o perfezionamento delle competenze già possedute per svolgere meglio il proprio lavoro attuale o per affrontare nuove sfide, qualità che consentono di rimanere competitivi.

Gli obiettivi futuri e i punti di miglioramento

Dalla ricerca emergono alcuni traguardi comuni a tutti i professionisti:

  1. Professionalizzazione: la necessità di incrementare le competenze, sia tecniche sia trasversali, attraverso percorsi dei sopraccitati reskilling e upskilling.
  2. Digitalizzazione: i consulenti italiani devono colmare il ritardo rispetto ai colleghi stranieri nell’uso delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale.
  3. Sostenibilità finanziaria: il reddito medio inferiore, unito al divario di genere, suggerisce la necessità di rivedere i modelli di business e di valorizzare meglio le competenze offerte.

Riflessioni personali a margine: il non detto che emerge

Tra i dati e le opinioni esplicitate nell’indagine, si percepisce un sottotesto interessante e, in certi casi, critico. Emerge un senso di contrasto tra l’impegno dei consulenti e le condizioni operative in cui si trovano a lavorare. Alcuni aspetti meritano una riflessione più profonda:

  • Vocazione vs. Valorizzazione: la passione per il Terzo Settore è una forza trainante per molti consulenti, ma c’è il rischio che questa venga sfruttata. La remunerazione spesso non rispecchia il valore generato, creando un divario tra il contributo offerto e il riconoscimento economico.
  • Un ecosistema frammentato: la collaborazione tra consulenti e organizzazioni potrebbe essere migliorata. La percezione che “ognuno vada per la sua strada” rivela la necessità di costruire reti più forti e di favorire un ecosistema più coeso, dove la condivisione di risorse e buone pratiche diventi la norma.
  • Il ritardo digitale: la digitalizzazione e l’adozione di tecnologie innovative, come l’intelligenza artificiale, non sono ancora priorità per il Terzo Settore italiano. Questo potrebbe rappresentare una perdita di opportunità in un mondo sempre più guidato dalla trasformazione tecnologica.
  • Il ruolo strategico dei consulenti: anche se i consulenti sono descritti come “strumenti di cambiamento”, il loro potenziale non sempre viene utilizzato in modo strategico. Sono spesso visti come risorse per risolvere problemi specifici, anziché essere integrati nei processi decisionali e di governance.
  • La professionalizzazione come sfida sistemica: l’investimento in formazione è significativo, ma non ancora sistematico. Per garantire la crescita del settore, è essenziale che anche le organizzazioni clienti promuovano e sostengano attivamente riqualificazione, aggiornamento e miglioramento delle competenze, attraverso percorsi strutturati e di qualità.

Concludendo: suggerimenti per i professionisti del settore

Guardando ai modelli internazionali, ecco alcune buone pratiche che i consulenti italiani possono adottare per essere più competitivi:

  • Investire nella formazione continua: nonostante il buon livello attuale (70% dei consulenti frequenta corsi di aggiornamento), è necessario ampliare l’accesso a training internazionali e su temi innovativi come la sostenibilità, la digitalizzazione e il fundraising avanzato.
  • Collaborazione e networking: lavorare in sinergia con altri professionisti e organizzazioni può migliorare la qualità dei servizi e aumentare la visibilità del proprio lavoro.
  • Adottare approcci digitali: l’integrazione di strumenti tecnologici avanzati, come piattaforme di gestione dati e analisi predittiva, può rendere i consulenti italiani più competitivi a livello globale.
  • Comunicare il proprio valore: utilizzare tecniche di storytelling e branding personale per rafforzare la propria immagine professionale e attrarre clienti di valore.

L’indagine di EuConsult Italia (puoi scaricarla qui PRESENTAZIONE-INDAGINE-CONSULENTI-ITALIA-V2.1-04112024) ci restituisce un quadro di professionisti appassionati e competenti, ma anche di un settore che necessita di ulteriori investimenti per affrontare il domani con consapevolezza. Come consulenti, abbiamo l’opportunità di essere veri agenti di cambiamento, aiutando il Terzo Settore a crescere, innovarsi e creare un impatto sempre più significativo nella società.

La domanda è: siamo pronti a investire su noi stessi e ad abbracciare il cambiamento per costruire un futuro più sostenibile e collaborativo?

Il progetto Non Profit Consultants’ Skills

Del progetto Non Profit Consultants Skills, a cui la mia Agenzia integrata per il sociale, Elena Zanella SRL – Fundraising Academy, ha aderito con slancio ed entusiasmo, sono partner SMe System (Italia), EUConsult (Olanda), STP Europa (Spagna), Univers 8 Foundation (Bulgaria). Oltre alla mia, sono diverse le realtà del panorama italiano che hanno partecipato formalmente dando il loro sostegno: AIF – Associazione Formatori Italiani, Assif – Associazione Italiana Fundraiser, CSV Salerno, Festival del Fundraising, FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, Fundraiser per Passione, Scuola di Fundraising di Roma, Ordine degli Avvocati di Milano.

Il progetto prevede la realizzazione entro maggio 2025 di un corso pilota di formazione sulle competenze trasversali dei consulenti e un label che in via sperimentale attesti le skills.

Qui sopra, due scatti dell’evento di presentazione, per gentile concessione dell’associazione.

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