Il concetto di hushing nella solidarietà aziendale descrive la reticenza delle imprese a divulgare e promuovere le proprie attività filantropiche e di impegno sociale.

Questo atteggiamento può avere diverse motivazioni: la paura di essere visti come opportunisti, il timore di critiche per non aver fatto abbastanza, o la preoccupazione che pubblicizzare le proprie buone azioni possa essere percepito solo come un’operazione di marketing. Questo atteggiamento può sfociare nel ben più noto greenwashing, ovvero quando un’azienda tenta di migliorare la propria immagine con affermazioni ingannevoli o esagerate, per apparire moralmente responsabile senza apportare veri cambiamenti sostenibili. Un tipo di inganno che può danneggiare seriamente la reputazione di un’azienda una volta che la verità emerge.

Il “Fenomeno Hushing”, quel “dire e non dire” che frena lo sviluppo del corporate fundraising

Il silenzio sulle iniziative di solidarietà non solo impedisce al pubblico di riconoscere gli sforzi di un’azienda, ma può anche frenare il fenomeno dell’emulazione tra le imprese, un driver potente per la diffusione di pratiche positive. In contesti dove le aziende leader condividono apertamente i loro progetti di successo, si crea spesso un effetto domino che incoraggia altre imprese a seguire l’esempio. Senza questa visibilità, si perde una preziosa opportunità di stimolare una competizione positiva che può portare a un incremento significativo nel corporate fundraising.

Come superare l’Hushing

Per contrastare l’hushing e incoraggiare una maggiore pubblicità delle buone pratiche, le aziende possono adottare diversi approcci:

  1. Migliorare la comunicazione: le aziende dovrebbero lavorare per sviluppare strategie di comunicazione che enfatizzino l’autenticità e l’impatto sociale delle loro iniziative, evitando toni che possano essere percepiti come autopromozionali.
  2. Partnership e collaborazioni: collaborare con enti di terzo settore e altre organizzazioni può aiutare a validare le iniziative e a comunicarle in modo più efficace e credibile.
  3. Reporting e trasparenza: implementare sistemi di reporting regolari che non solo mostrano le attività ma anche i risultati tangibili e l’impatto delle iniziative di solidarietà.
  4. Incoraggiare la cultura del riconoscimento: creare e promuovere premi e riconoscimenti per le aziende che dimostrano un impegno eccezionale nella responsabilità sociale, motivando così altre imprese a intraprendere o potenziare le loro attività in questo campo.

Se è vero che il silenzio sulle iniziative di solidarietà aziendale può effettivamente ostacolare lo sviluppo di una relazione profit e non profit più vivace e interconnessa, provare a superare la reticenza che induce all’hushing non solo porta beneficio alla singola azienda in termini di immagine e reputazione, ma contribuisce a creare un ecosistema aziendale più collaborativo e responsabile.

Ringrazio Giampaolo Colletti e Fabio Grattagliano che proprio pochi giorni fa hanno parlato di greenhushing, ovvero del fenomeno cosiddetto dell'”eco-silenzio” praticato da molte aziende sulle proprie politiche attuative legate alla sostenibilità ambientale, su Il Sole 24 Ore (cartaceo) nel loro pezzo Troppi rischi, così la sostenibilità perde peso nella comunicazione, suggerendomi l’occasione per parlarne in applicazione al fundraising.

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