2014 message note paper attach to rope with clothes pins on woodEntro l’anno, a quanto pare, c’è la volontà di far approvare la riforma del Terzo Settore. Questo, almeno, stando alle parole del sottosegretario Luigi Bobba espresse al Meeting di Rimini e riprese da Gabriella Meroni su Vita.it di venerdì 29 agosto.

Quelli che seguono, in sintesi, i sette punti all’ordine del giorno su cui il Governo sta lavorando e che fanno riferimento al DDLD-riforma-III-settore presentato lo scorso 6 agosto:

  1. attuazione del principio di sussidiarietà, che porta con sé legittimazione e facilitazione del libero associazionismo;
  2. sburocratizzazione delle procedure per l’ottenimento della personalità giuridica;
  3. istituzione di un registro nazionale unico che raccolga tutti gli elenchi nonprofit ora esistenti e che sono circa 200;
  4. la costituzione di un’Agenzia di “Missione” che avochi a sé gli obiettivi della fu Agenzia per le Onlus;
  5. l’uniformità normativa sia in materia civilistica che fiscale;
  6. la riforma sull’impresa sociale, con una particolare attenzione a quelle di carattere innovativo;
  7. il servizio civile universale da rendere totalmente accessibile a partire dal 2017.

Aspetti positivi e negativi sono stati ben espressi da Carlo Mazzini, post di cui suggerisco la lettura nel caso ve lo foste perso e che condivido in pieno. Comprensibile, direi.

VitaAgo14Su Vita di agosto, alcune firme note del Terzo settore scrivono la propria a proposito della Riforma in cantiere.

Il mensile si chiede, in primis, se il nonprofit sia pronto e consapevole di quali sono le sfide

e nel chiederselo lo fa soffermandosi proprio sulla parola “consapevole”. Ed è proprio attorno a questa consapevolezza che ruota tutto: protagonismo contro marginalità; attività contro passività. Siamo davvero pronti?

Non saprei ma quel che so è che in tutto questo manca il fundraising.

Paolo Venturi descrive bene la consistenza del nonprofit e l’impatto che ha sulla società:

Rinunciare a dare un’espressività economica al sociale nella sua valenza donativa, di advocacy, erogativa e produttiva, significa togliere un pezzo di valore alla collettività e questo non possiamo permettercelo.

E conclude:

Abbiamo misurato la felicità, la fiducia, la capacitazione, il benessere. Ora è giunto il momento di misurare, ossia di dare peso e valore economico, al sociale generato dal nonprofit.

Bene ma in tutto questo il fundraising ha un ruolo discriminante.

A mio modo di vedere, è l’approccio a fare la differenza tra beneficenza e atto consapevole, tra carità e impresa, tra opportunismo e opportunità.

Nel mio post agostano su La Zanzarella suggerivo come fare, in un modo tanto semplice quanto banale, ciononostante significativo. Mi ripeto:

Lettera B, Comma 1, Art. 6: (…) al fine di promuovere, anche attraverso iniziative di raccolta fondi, i comportamenti donativi delle persone e degli enti (…).

In questo primo post di settembre, lancio un appello ai colleghi: troviamoci e parliamone.

Costituiamo un gruppo di lavoro e lanciamo una call. Ma che sia aperta, ovvero allargata anche agli altri attori del terzo settore, se vorranno, e non ai soli fundraiser. Perché, a ben vedere, quest’azione influirà in modo determinante su tutti i livelli organizzativi. Dopodiché, sottoponiamo i risultati e il nostro invito a Luigi Bobba e, attraverso lui, al Governo Renzi. Non è poi così irraggiungibile, il sottosegretario, o no…?

Da professionisti, alziamo per primi l’asticella e mettiamo in moto il meccanismo della richiesta: un aspetto, questo, che – se non erro – non ci è poi così estraneo.

A preoccuparmi è la fretta con cui si vuole chiudere la partita. Un plauso alla buona volontà ma che non si perdano di vista i contenuti a favore del contenitore. Perché il rischio grosso è che la voglia di fare presto possa giocare a discapito del fare bene.

Non chiamiamoci fuori. La partita è ancora aperta e tutta da giocare. Ci stai?

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