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Credo ormai sia fuori di dubbio che il fundraising debba mutare non solo nei modi ma, più strategicamente, negli approcci alla materia. Parlo da sempre della necessità di pensare al ruolo della raccolta fondi come trasversale alle dinamiche organizzative di Terzo settore e l‘emergenza non ha fatto altro che stressarne concetto e centralità. Ritengo dunque sia lesionista fare ancora finta di nulla.

La domanda da cui partiamo è molto semplice:

Ma come cambierà, se cambierà, il modo di fare fundraising delle nostre organizzazioni nel post Coronavirus?

Ogni momento drammatico porta con sé delle opportunità. L’abilità di coglierle farà la differenza nel futuro prossimo delle organizzazioni, specie in quelle più piccole o destrutturate che dovranno cercare di riemergere dal caos.

Tre scenari probabilistici su tutti:

  • È probabile che le organizzazioni, in particolare quelle che non lavorano in ambito sanitario, usciranno da questo momento difficile molto indebolite economicamente sia per mancata entratura di doni, sia per l’anticipazione di spese.
  • È probabile che si debba rimettere mano alle strategie ordinarie e ai piani strategici con un ridimensionamento delle pretese e una riformulazione dei modi con un’accelerata sulle soluzioni digitale e una comunicazione più smart almeno per il primo periodo, un primo periodo probabilmente piuttosto lungo.
  • È probabile, ancora, che molte organizzazioni debbano avviare appelli speciali per la propria sostenibilità accantonando parte delle proprie azioni su progetto.

Il momento emergenziale senza precedenti diventa stimolo per tornare a riflettere sulla missione, concentrandosi sullo sviluppo di questa oltre il progetto. Emergeranno nuovi ambiti che nel passato hanno accennato il fundraising solo per caso: penso alla scuola, ad esempio, o all’attenzione alle comunità locali.

Mai come oggi vedo le azioni correre più veloci della mente.

Ritengo opportuno che le organizzazioni comincino a riflettere seriamente sugli investimenti da fare ora e sulla propria distintività narrativa. Va fatto ora perché chiamarsi fuori dal cambiamento necessario significa soccombere per inerzia sotto il peso del virus che diventa capro espiatorio e acceleratore di una decrescita che in altri contesti temporali sarebbe stata semplicemente più lunga ma comunque inesorabile.

Lo spirito collaborativo, l’acquisizione di competenze crescenti e la capacità di adattamento saranno tratti essenziali per il post emergenza. Ma ciò che deve essere chiaro che il fundraising non è la soluzione ai problemi oggi, bensì un percorso obbligato perché il futuro non ci colga più impreparati.

(post originale su Vita.it)

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L’approfondimento su Zoom il 12 maggio alle ore 16:15 in un format dedicato.
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