Se c’è un ambito particolarmente interessante e su cui il Belpaese non si è mai sacrificato è di certo quello socio-sanitario. La salute è un aspetto centrale. Da questo dipende la qualità più o meno alta della vita di una persona. Su quest’ultimo si misura lo stato di benessere di una società nel suo complesso, incluso il grado di avanzamento raggiunto rispetto ad altri Paesi con medesime opportunità.
Di certo, in Italia la Sanità pubblica ricopre un ruolo di primo piano. Da sempre. La possibilità di accesso alle cure da parte di tutte le fasce della popolazione, qualunque sia il reddito e la condizione reale, è un patrimonio di cui vantarsi e su cui si spera di poter fare sempre affidamento.
Il Pubblico però, come è noto, risponde a una domanda mediana, lasciando insoddisfatta tutta una parte di cittadinanza con bisogni diversi. A volte più specifici. A volte rari.
In questa mancanza, il Terzo Settore ha un ruolo determinante. Attraverso l’iniziativa privata, il nonprofit si prende carico di tutta quella parte di servizi normalmente non erogati dal Pubblico ma comunque emergenti.
Fino a qualche anno fa, prima della crisi globale che attanaglia famiglia, impresa, pubblico e privato, questo gioco di equilibri poteva dirsi soddisfatto. La lunga mano dello Stato interveniva, per quanto possibile, a coprire un proprio fallimento attraverso l’erogazione e il sostentamento dell’iniziativa privata.
In momenti di crisi come quello attuale, le risorse pubbliche si contraggono e a questo segue, giocoforza, un ridimensionamento dei servizi erogati con l’individuazione di una scala di valori e di priorità che coincidono con una domanda media.
Un circolo vizioso che mette in seria difficoltà tanto l’iniziativa privata quanto quella pubblica e che rende necessario intervenire in modo diverso, a partire dal reperimento delle risorse finanziarie. Entra così in gioco il tema del fundraising, visto in chiave evolutiva, ovvero ben oltre il breve periodo e che può assicurare, a chi è impegnato nel settore dei servizi socio-sanitari, una continuità del livello di performance, generando – in modo virtuoso – un valore sociale per tutta la comunità.
Ma come ottenere finanziamenti integrativi da istituzioni, fondazioni e imprese che operano in ambito sanitario? Quali sono gli strumenti più efficaci per reperire risorse e assicurarsi entrate finanziarie aggiuntive a quelle istituzionali? Sono queste alcune delle domande su cui si discuterà nel corso organizzato dalla Fundraising School il 2 e 3 luglio prossimi presso il Campus Universitario di Forlì (ecco dove), coordinato dall’amico e collega Andrea Romboli e dalla sottoscritta.
L’approccio al tema sarà volutamente pratico e partirà dall’esperienza che ciascuno di noi ha maturato confrontandosi con diverse realtà nel corso degli anni. L’obiettivo è quindi quello di trasferire competenze attraverso l’analisi di casi e workshop specifici. L’invito a partecipare è rivolto in modo particolare a chi opera già in ambito socio-sanitario e vuole confrontarsi con colleghi sui modi e le strategie da adottare in termini di raccolta fondi, o a quegli amministratori che vedono nelle attività di fundraising una strada obbligata per il raggiungimento (o comunque il mantenimento) delle performance attualmente erogate.
L’invito e il benvenuto è anche per chi, studente o lavoratore, vuole aprirsi nuove opportunità in un ambito che, almeno professionalmente parlando, non conosce crisi ed è in continua evoluzione, tanto nel pubblico quanto nel privato.
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