In tempi di vacche magre è facile farsi sopraffare dall’ansia. Inutile girarci intorno. La fatica è tanta e disattendere le aspettative può creare sconforto anche al più inguaribile ottimista tra noi. Di questi tempi, c’è chi dice no! Non sono solo canzonette purtroppo. Ovunque si guardi, per restare in tema, la musica non cambia.
Leggo e mi confronto. Non si tratta solo di contrazione del sostegno. Si tratta, per dirla semplicemente, di arresto al sostegno. E’ come se fossimo rinchiusi in una sorta di limbo. Un’attesa frustrante in cui tutti attendono tutti e nessuno fa nulla. E’ qualcosa di più del timore di fallire: è paura del futuro o, in alcuni casi, la preoccupazione di non averlo proprio più un futuro.
Le cronache (a volte davvero molto tristi purtroppo) e i numeri che i media ci trasmettono parlano chiaro. Proprio ieri discutevo con un amico commercialista e mi raccontava, con un mezzo sorriso e senza troppi giri di parole, che siamo al massacro. Non esiste più senso civico e alcun pudore. Le persone si ingegnano e mettono in campo la qualunque. Per non farsi sopraffare, si sopraffà: buste paga false per entrare in abitazioni per poi non uscirne più; fidejussioni contraffatte per paventare un’affidabilità che non si ha più (per colpa o per dolo). Per dirla con un’espressione edulcorata di una persona che ha lavorato con me per molti anni, “ci vogliono le mutande di ghisa”. Credo che l’immagine renda bene l’idea e non aggiungo altro.
La commiserazione non è però la migliore alleata. Occuparsi delle cose è l’unico modo che conosca per risolvere i problemi e uscire dall’impasse.
In occasione del mio intervento al Festival del Fundraising, giusto un paio di anni fa di questi tempi stendevo il modello operativo di scrittura di un piano di raccolta fondi che nell’acronimo AMORE racchiudeva l’essenza di un approccio efficace al donatore (puoi scaricare la dispensa da slideshare).
Da quest’idea riprendo 5 soli aspetti che a mio modo di vedere sono chiave nel produrre effetti benefici o, quanto meno, nel gettare le basi per risalire la china con minore fatica. A tempo debito. Eccoli:
A come ASSERTIVITA’: crederci è il primo passo. I migliori risultati si ottengono nel momento in cui è evidente il coinvolgimento nel progetto da parte del proponente. E questo fa la differenza in modo particolare nel lavoro del fundraiser. Impara a fidarti del tuo istinto. Dai i giusti tempi e datti il giusto tempo ma non mollare.
M come METODO: il metodo è l’insieme dei processi messi in atto per ottenere uno scopo o determinati risultati. Nel fundraising, così come nel marketing, è opportuno individuare il modo a noi più congeniale per raggiungere gli obiettivi individuati.
O come ORGANIZZAZIONE: al metodo segue l’organizzazione. Organizzarsi, in particolare in momenti caotici, permette di lavorare in modo puntuale e orientato al risultato. Essere metodici e organizzati è faticoso ma, a lungo andare, dà risultati concreti e permette anche una buona approssimazione in termini di ritorni. L’esperienza insegna.
R come RECIPROCITA’: la costruzione della relazione dà mutuo beneficio. Il fine dell’atto donativo, come più volte si è detto, non è il dono in sé bensì ciò che dal dono scaturisce: la partecipazione e il coinvolgimento alla (e nella) causa. Quindi, anche di questi tempi è opportuno proseguire nel coltivare i rapporti, rispettando i tempi e i modi dettati dall’interlocutore. Ne abbiamo parlato qui.
E come ENTUSIASMO: non perderti d’animo. Mi hanno insegnato che tutto passa, anche i momenti peggiori. Ma per uscirne a testa alta, bisogna rimboccarsi le mani e lavorare sodo. Con slancio e determinazione.
Quelle elencate sono solo alcune delle regole d’oro per un approccio positivo al fundraising. Valide sempre e, in modo particolare, in tempo di crisi. Ma qual è, per te, la regola che più di ogni altra ti ha aiutato nelle situazioni più complicate? Raccontala qui.
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