iStock_000044021910SmallQualche giorno fa, ho letto un interessante articolo sul Redattore Sociale in merito all’uso irrisorio che il nonprofit fa delle opportunità europee. Ho rispolverato così il desiderio di scrivere a proposito di Europrogettazione, tema che non ho mai trattato ma che per motivi di studio e lavoro riprenderò di certo nei prossimi mesi.

La scarsa propensione ad accedere ai fondi europei è cosa nota. A rilevarlo una volta di più, Silvia Cervia del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa in una ricerca pubblicata dal Cesvot che, sebbene territoriale, è rappresentativa – a mio modo di vedere – del Paese Italia nel suo complesso. In particolare, la ricercatrica evidenzia i due motivi che – spiega – ne inibiscono l’accesso:

  1. l’assenza (all’interno dell’ONP) di persone dedicate alla ricerca dei bandi e alla progettazione;
  2. l’incapacità di fare rete e quindi di individuare più agevolmente una serie di partner con i quali sviluppare progetti.

Ma è davvero così difficile accedere ai finanziamenti Ue? Per Antonio Bonetti, collega specializzato in progettazione europea, no. Sul suo blog, Bonetti racconta di quanto il fundraising italiano sia ormai maturo e capace e non si spiega il perché della scarsa reattività a guardare all’Europa come partner d’eccezione. Si legge:

(…) sviluppare funzioni di fundraising all’interno delle organizzazioni è più complesso che non sviluppare funzioni di europrogettazione. Questo per il fatto che nel primo caso le organizzazioni nonprofit devono convincere della rilevanza della loro “buona causa” dei finanziatori “generici” (cittadini, imprese e fondazioni) che contribuiranno su base volontaria, mentre nel secondo si tratta di allineare gli obiettivi di organizzazioni – l’Ente pubblico finanziatore e l’organizzazione non profit stessa – aventi ambedue una mission indirizzata alla risoluzione di problemi di interesse collettivo.

Un punto di vista estremamente interessante e che merita una riflessione attenta.

Ma quali sono gli aspetti a cui un’organizzazione nonprofit deve prestare maggiore attenzione nel redigere un progetto europeo?

Rispetto alla progettazione degli interventi, spiega Bonetti, sarebbe auspicabile una maggiore attenzione da parte delle organizzazioni nonprofit ai seguenti aspetti:

  1. gli obiettivi del progetto vanno sempre associati a dei cambiamenti nel contesto e/o nelle condizioni socio-economiche dei beneficiari (sono i benefici materiali e immateriali per il gruppo target del progetto). La proposta progettuale, pertanto, deve essere imperniata su una attenta analisi dei problemi e delle aspettative dei beneficiari che, quindi, andrebbero coinvolti in processi di formulazione “partecipata” degli interventi (participatory approach alla formulazione dei progetti);
  2. nella formulazione dei progetti, sarebbe opportuno partire dagli obiettivi di cambiamento e seguire un percorso logico a ritroso per l’individuazione delle azioni da implementare (Results-Based Management approach);
  3. la formulazione dei progetti dovrebbe tenere conto del fatto che ogni buon progetto deve migliorare non solo le condizioni di vita materiali dei beneficiari, ma anche le loro capabalities, ovvero il processo di emancipazione degli individui e l’ampliamento delle “libertà di scelta”;
  4. il progetto va formulato e attuato in una logica di empowerment dei destinatari, in quanto se e solo se i destinatari “apprenderanno a fare” dal progetto, questo si rileverà parimenti “sostenibile” (ossia capace di produrre effetti che dureranno nel tempo).

Quelli che elenca Bonetti sono spunti interessanti che, a dire il vero, non dovrebbero mai mancare nell’agenda progettuale del fundraiser. Anche quella entro i confini. Perché se è vero che l’europrogettazione non rientra nei compiti propri del fundraiser comunenemente inteso, è anche vero che conoscere qualcosa di più non può fare che bene. Così, uno sguardo allargato aiuta chi si appresta a considerarne l’adozione o, quanto meno, aiuta a comprenderne le meccaniche: per scegliere in modo più consapevole a chi affidarne il compito o, più semplicemente, per provarci da sé.

Per approfondire, potrebbe esserti utile una guida promossa da Fondazione CRT nel 2006. Datata ma utile. Puoi scaricarla al punto 17 della sezione Letteratura, Rapporti, Ricerche del blog.

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