Antonio Bonetti, partner del Fundraising Virtual Hub e collega specialista in finanziamenti europei, torna a parlarci dell’approccio delle organizzazioni nonprofit all’UE. Molto interessante per chi lo fa o chi ci sta pensando. In particolare, Antonio si sofferma e porta argomenti pronti all’uso sulle organizzazioni impegnate nella tutela della salute e nell’assistenza sociale ma in linea di massima, le sue considerazioni sono valide sempre.
Buona lettura e grazie, Antonio.
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Anche in un breve contributo pubblicato sul numero di dicembre di DM (Speciale FR Dm 187), periodico della Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM), ho avuto modo di ribadire che gli enti non profit italiani, per crescere ulteriormente, devono migliorare la capacità di raccogliere finanziamenti pubblici [1].
Recentemente, indagini e commenti degli stessi operatori del settore hanno evidenziato una certa difficoltà degli enti non profit italiani ad accedere ai fondi dell’UE. Questo sorprende molto per diversi motivi. Gli enti non profit, infatti, generalmente possiedono sia idee innovative con cui affrontare i problemi dei loro beneficiari, sia una buona capacità di gestione dei progetti. Anche le campagne di fundraising, in fondo, sono dei progetti che, per risultare efficaci, devono essere ben pianificati (secondo il vecchio principio di Hank Rosso per cui fare fundraising significa “pianificare, pianificare, pianificare, e raccogliere”) e ben gestiti. E le campagne di fundraising, sovente, sono costruite su idee originali che, mutatis mutandis, possono anche costituire il “concept” di buone proposte progettuali per accedere ai finanziamenti pubblici.
I meccanismi principali di erogazione di tutti i finanziamenti pubblici, inclusi quelli dell’UE, sono gli appalti e le sovvenzioni.
Gran parte dei fondi dell’UE sono erogati tramite le sovvenzioni, che vengono assegnate ai potenziali beneficiari attraverso gli avvisi di finanziamento. Gli avvisi, in pratica, comportano una “chiamata di progetti” (le famose “calls for proposals” della Commissione Europea). Le proposte di progetto dovranno essere coerenti tanto con le politiche generali e settoriali dell’UE, quanto con vincoli tecnici e finanziari puntualmente indicati sugli avvisi fra i criteri di valutazione formali e di merito.
In molti casi, gli enti non profit hanno già pronto un buon “parco progetti”. Le attività di raccolta fondi da privati, peraltro, hanno inevitabilmente imposto a queste organizzazioni di migliorare sia la lo loro efficienza operativa sia loro capacità di formulare e gestire progetti complessi (come già detto, anche una campagna di fundraising è, infatti, un progetto complesso). Mi pare che ci siano tutte le premesse, quindi, perché gli enti non profit, con un piccolo scatto di reni, possano valorizzare adeguatamente le interessanti opportunità del fundraising istituzionale, puntando in particolare sui finanziamenti dell’UE.
L’intervento sul periodico di una organizzazione come la UILDM, impegnata nel compito certamente non facile di contribuire a migliorare la ricerca sulla distrofia muscolare e sulle malattie degenerative e, soprattutto, di sostenere, nei limiti del possibile, la dignità e la qualità della vita delle persone malate, ovviamente mi ha costretto a fermare un attimo il “tic tac” assillante dei ritmi frenetici a cui, sovente, non riusciamo a sottrarci più per pigrizia mentale che non per cause al di fuori del nostro controllo (giustificazione che uso spesso e di cui mi vergogno un po’).
Riflettere su certi problemi e sulle cose più giuste da fare per garantire a persone gravemente malate o con disabilità una maggiore dignità non è mai facile. In particolare, ti rendi conto quanto parlare costantemente di opportunità di finanziamento riconducibili all’UE, di fronte a certi problemi o in certi comparti socio-assistenziali, lasciati sempre più scoperti dall’operatore pubblico, possa apparire come un mero esercizio retorico.
Il mio umile parere è che il modo migliore di conciliare i propri valori e le attività professionali, anche di fronte ai bisogni alle necessità di finanziamento di organizzazioni che portano avanti una missione così rilevante e impegnativa, sia:
- svolgere quelle attività professionali, se possibile, in modo ancora più rigoroso (senza farsi troppo coinvolgere a livello emotivo);
- segnalare delle opportunità di finanziamento concrete, senza assolutamente ingenerare delle false aspettative;
- fornire degli esempi concreti già finanziati.
In genere, questo è assolutamente il mio modus operandi. A maggior ragione penso che lo debba essere nel caso di organizzazioni che operano a favore di beneficiari particolarmente bisognosi di assistenza, ma anche di una loro piena valorizzazione come cittadini.
Riflettendo sui bisogni di persone affette da malattie degenerative e da disabilità, mi pare che le organizzazioni senza scopo di lucro impegnate nella loro assistenza debbano puntare soprattutto sui finanziamenti dell’UE “a gestione diretta”, ossia quelli che vengono gestiti direttamente dalla Commissione Europea o da sue agenzie delegate.
In particolare, segnalo i seguenti Programmi (o linee di finanziamento specifiche di tali Programmi) dell’UE:
- il tema “Salute, evoluzione demografica e benessere” dell’Obiettivo Specifico “Societal Challenge” del Programma Quadro per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020, [1
- l’Obiettivo Specifico “Science with and for Society” (SwafS) di Horizon 2020,
- l’Asse PROGRESS del Programma Quadro per l’occupazione e l’innovazione sociale EaSI (Employment and Social Innovation),
- il Programma Salute,
- il Programma Ambient Assisted Living. (AAL) che sostiene lo sviluppo e l’utilizzo di nuove tecnologie per permettere agli anziani di vivere in autonomia e meglio in casa, migliorando le loro condizioni di vita. Tale Programma, quindi, potrebbe sostenere progetti di organizzazioni che cercano di migliorare la qualità della vita di persone anziane che hanno difficoltà motorie e/o malattie che ne limitano l’autonomia.
Va sempre ricordato che ciascuno dei Programmi (o delle specifiche linee di finanziamento) richiamati sopra hanno obiettivi generali e specifici e campi di applicazione peculiari. Pertanto, quanto tali Programmi possano realmente contribuire al finanziamento di un dato progetto di una organizzazione andrà sempre attentamente valutato in base alle richieste e a i vincoli di ciascun avviso di finanziamento. La lista riportata sopra costituisce solo una prima traccia nel percorso di ricerca di potenziali finanziamenti.
Mi pare opportuno chiudere in modo più concreto il post, portando all’attenzione brevemente un progetto terminato di fatto a novembre 2015, con un convegno di due giorni che si è tenuto il 9 e 10 novembre a Bruxelles, anche se formalmente la conclusione è fissata nel mese di gennaio 2016.
Il progetto, denominato “DISCIT – Making persons with disabilities full citizens”, è stato finanziato dall’UE attraverso il VII Programma Quadro di R&ST della programmazione 2007-2013 (topic “Social Science and Humanities”).
Il progetto, era stato avviato nel febbraio 2013, coinvolgendo 11 partner europei, fra cui lo European Disability Forum con sede a Bruxelles.
Il progetto è stato strutturato su quattro obiettivi specifici:
- sviluppare il concetto di cittadinanza attiva come un concetto multi-dimensionale,
- esaminare le potenziali sinergie fra gli interventi pubblici ai vari livelli di governo (europeo, nazionale e regionale) per promuovere il concetto di cittadinanza attiva,
- identificare i fattori socio-economici che maggiormente possono incidere sulla qualità della vita e sulla cittadinanza attiva di persone con disabilità,
- individuare utili indicazioni per migliorare le politiche di sostegno alle persone disabili.
Uno dei risultati meno incoraggianti del progetto è stata la conferma che ci sono notevoli difficoltà di inserimento lavorativo per le persone con disabilità.
La base di conoscenza e la consapevolezza su questa criticità, rafforzate ulteriormente dal progetto DISCIT, possono costituire una utile piattaforma per sviluppare nuovi progetti di ricerca su questo tema. Sovente questi progetti di ricerca, peraltro, costituiscono la base per rafforzare anche le campagne di advocacy delle organizzazioni beneficiarie dei finanziamenti.
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[1] Il breve intervento è riportato nel Numero 187 del dicembre 2015 di DM, nella sezione dedicata a un approfondimento tematico sulla raccolta fondi, a cura di Elena Zanella e dell’Ufficio Fundraising UILDM. [2] Il nuovo Programma Quadro per la Ricerca 2014-2020 – Horizon 2020 – è un programma molto complesso.Esso raccoglie l’eredità di tre distinti Programmi implementati nella programmazione 2007-2013, ossia: (i) il VII Programma Quadro di R&ST, (ii) la sezione dedicata all’innovazione del Programma CIP (Competitiveness and Innovation Programme); (iii) le attività dell’Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia.
Facendo riferimento alle indicazioni dell’Allegato II al Reg. (UE) N. 1291/2013 che ne presenta obiettivi e campi di applicazione, esso può essere suddiviso in sette Parti. In alcune linee guida, invece, si preferisce indicarlo come composto di 3 priorità generali (pilastri) e 4 priorità trasversali.
I tre “pilastri” di Horizon 2020, suddivisi ciascuno in vari “obiettivi specifici” (o “linee di finanziamento”), sono:
- Pilastro I (parte I) – Eccellenza scientifica,
- Pilastro II (parte II) – Leadership Industriale,
- Pilastro III (parte III) – Sfide per la società.
Altri due obiettivi specifici molto rilevanti sono: (i) “Scienza con e per la Società”, (ii) Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia. Per approfondimenti si rimanda a:
- il portale ufficiale del Programma: http://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/
- il “Participant Portal”: http://ec.europa.eu/research/participants/portal/desktop/en/home.html
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Ne approfitto per ricordare le prossime tappe del su fundraising e finanziamenti europei, organizzata da Eurosportello di Confesercenti che vedrà come docenti me e Antonio Bonetti:
- Roma: 25/26 febbraio.
- Bologna: 9/10 maggio.
- Firenze: 4/5 luglio.
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