Donor retention, lo spauracchio di chi si occupa di acquisizioni. Sì perché 2 donatori su 3 difficilmente ridonerranno una seconda volta, come è noto. Ma 1 su 3 sì, e questo è già un buon punto di partenza, mi pare! Di fatto, è un altro modo di vedere le cose e un punto di vista più positivo. Ma quali sono i possibili strategemmi da mettere in campo per ridurre la fisiologica percentuale di caduta dei donatori a seguito di una campagna di acquisizione?
Per illustrarli, faccio riferimento alla lettura che in questo periodi mi sta tenendo impegnata e che è andata ad arricchire la già ricca biblioteca sul fundraising dell’Academy: The new art and science of keeping your donors for life, di Roger Craver. Pubblicato qualche anno fa ma sempre molto attuale, nel capitolo The 7 Key Drivers of Donor Commitment Craver illusta i risultati di un sondaggio proposto a oltre 250 organizzazioni nonprofit tra Uk e USA. Ai donatori più fedeli è stato chiesto di classificare, per ordine di importanza, i motivi che li portano a rinnovare l’atto di dono. Craver ne ha raccolti ben 32 ma i primi sette sono particolarmente interessanti e disegnano un quadro piuttosto chiaro delle intenzioni e dei comportamenti promossi dai ricorrenti.
Ecco dunue i primi sette motivi che favoriscono, secondo quanto emerge dalla ricerca, la fidelizzazione all’Onp:
- Il donatore pensa che l’organizzazione produca azioni efficaci.
- Il donatore sa di potersi fidare e che, se chiama, qualcuno risponde.
- Il donatore riceve tempestivamente un “grazie”.
- Il donatore sa che l’organizzazione è interessata a ciò che ha da dire.
- Il donatore ha la chiara sensazione di far parte di qualcosa di importante.
- Il donatore ritiene che il suo coinvolgimento venga apprezzato.
- Il donatore è puntualmente informato sulle attività svolte dall’Ente.
Il fil rouge che, a ben vedere, lega tutti e sette questi punti è la comunicazione. Uno sforzo non indifferente in comunicazione, a dire il vero: decisamente prioritario rispetto all’uso che di fa del dono, se ci facciamo caso.
Come a dire:
l’atto in sé è sì importante ma per me donatore secondario rispetto al resto. Ciò che conta per me è capire se segui il flusso dei miei pensieri. Ci tengo.
Logico, assolutamente logico e molto semplice nel suo complesso.
Il donatore vuole sentirsi apprezzato e importante per il raggiungimento della sua missione e questo risulta particolarmente importante in fase di acquisizione.
Diventa dunque essenziale tenerne conto nel momento in cui il new donor entra nella fase di donor care.
Cosa fare dunque? Ecco 7 azioni che possono rivelarsi particolarmente utili se praticate per benino:
- Telefona al nuovo donatore, se possibile, e dedicagli il tuo personale “Grazie!”.
- Personalizza la lettera: occhio a curare il saluto iniziale e la formula di chiusura.
- Comunicagli esattamente come verrà utilizzata la sua donazione.
- Condividi con il tuo donatore la storia dei benefiari del progetto sostenuto.
- Inserisci nella lettera di ringraziamento un bigliettino scritto a mano.
- Invio di un breve sondaggio su un argomento specifico per chiedere un parere.
- Organizza un evento aperto a nuovi donatori, magari un semplice caffè se è possibile, e racconta loro le cose che la tua organizzazione sta facendo ora e le tante cose che ha fatto. Cerca di creare senso di appartenenza!
Che ne dici, ci proviamo?
Se hai voglia, ti aspetto e ne parliamo a Roma il prossimo 10 aprile presso la sede di Focsiv durante l’incontro formativo di 8 ore organizzato da Ferpi Federazione Relazioni Pubbliche in collaborazione con Assif Associazione Italiana Fundraiser. Sarò in ottima compagnia (vedrai!) e la giornata si presenta ricca di argomenti interessanti da approfondire, a cavallo tra raccolta fondi e comunicazione. Info e dettagli qui.