Prosegue il nostro percorso Verso il Natale, pensato per accompagnare i piccoli e medi enti nonprofit a costruire, settimana dopo settimana, un approccio più consapevole e sostenibile al fundraising.

Abbiamo iniziato parlando di pianificazione e poi di narrazione, perché ogni buona campagna nasce da una storia. Ma la storia, da sola, non basta: va portata in giro, condivisa, trasformata in azione.

Questo è il momento giusto per farlo.

Ottobre inoltrato è la soglia ideale per mettere mano ai contenuti, costruire le basi della comunicazione e cominciare a dare forma alla campagna di Natale.

Non servono budget importanti o software sofisticati: servono metodo, coerenza e la capacità di sfruttare al meglio ciò che già si ha.

Una buona storia, da sola, non basta. Va portata lontano, diffusa, adattata. Il fundraising vive di parole, certo, ma anche di canali, ritmo e presenza. Una storia che resta chiusa in un file o pubblicata una sola volta è un’occasione persa.

La sfida, per i piccoli enti, non è “inventare nuovi contenuti”, ma saper riutilizzare bene ciò che già c’è.

Una storia può diventare una newsletter, un post, un breve video, una pagina di raccolta fondi. Basta metodo.

1. Dal racconto alla newsletter

La newsletter è uno strumento che credo sottovalutato. Ne riceviamo troppe e molte di queste troppe, sono invasive. Produrre una buona dem premette fatica, richiede tempo, occorre scrivere “per benino” e “nessuno la legge più”. Eppure, se scritta bene, è il canale con il tasso di conversione più alto. Questa, almeno, la mia esperienza con gli enti con cui lavoro. Suonare per chiedere ;)

Funziona quando risponde a tre semplici criteri:

  1. Una sola storia per invio. Breve, coerente, chiara.

  2. Un messaggio principale. Cosa vuoi che il lettore faccia? Legga, condivida, doni, partecipi?

  3. Un tono diretto e umano. Niente testi impersonali o “comunicati”.

Quella che in pubblicità si chiama USP, Unique Selling Proposition (su questo blog ho parlato di questo argomento più volte. Se ti interessa il tema, vai in ricerca).

Ecco un esempio di struttura efficace:

Titolo: “Cosa è successo grazie a te, e cosa possiamo fare insieme a Natale.”

Apertura: 2–3 righe di contesto.

Corpo: breve racconto (max 10 righe) e invito all’azione.

Chiusura: link, firma riconoscibile, ringraziamento sincero.

P.S., sì, anche in una dem!

Non serve un design sofisticato. Serve una voce riconoscibile.

2. Dal racconto al post social

I social non sono megafoni: sono conversazioni. Ogni piattaforma ha le sue regole, ma alcuni principi valgono sempre:

  • Un messaggio per volta. Ogni post deve avere un solo obiettivo: far riflettere, informare, invitare all’azione.

  • Un visual coerente. Meglio una foto vera, non perfetta, ma autentica, che un’immagine stock.

  • Un ritmo settimanale costante. Anche un solo post a settimana è meglio di dieci tutti insieme e poi il silenzio.

Da un’unica storia puoi creare:

  • 1 post con il racconto principale.

  • 1 post con un “dietro le quinte” o una testimonianza (anche video).

  • 1 post con il risultato o un ringraziamento.

Tre contenuti da un’unica fonte, senza duplicare lavoro.

3. Dal racconto alla landing page

La landing page è il luogo dove la storia si trasforma in azione. Non serve un sito nuovo: basta una pagina semplice, pulita, con pochi elementi.

Checklist minima:

  • Titolo breve e chiaro. Non “Sostienici”, ma “Aiutaci a (o Insieme possiamo) garantire 100 pasti entro Natale”.

  • Un’immagine che rappresenti la causa. Meglio una persona che guarda in camera che una foto generica.

  • Testo essenziale. Racconto di 5–7 righe, senza fronzoli, con il pulsante di donazione ben visibile.

  • Prova di impatto. “Con 20 euro garantisci una visita.”

  • Segnale di fiducia. Loghi, riferimenti, contatti, una frase di ringraziamento dopo la donazione.

La landing page deve fare una sola cosa: portare il lettore a compiere un gesto. Tutto il resto è rumore.

4. Integrare i canali (senza confondersi)

Non serve essere ovunque. Serve essere coerenti.

Ecco una traccia semplice per le prossime settimane:

  • Newsletter: una ogni due settimane, con storie e risultati.

  • Social post: 1–2 a settimana (che moltiplicano se si usano più network), con tono leggero, ma il più possibile sincero.

  • Landing page: online a partire da novembre, da aggiornare con i primi risultati. Il quando, dipende dalla strategia. Io punto la maggior parte delle volte, specie se la campagna è “solo” online, a partire non prima di metà novembre. Meglio dopo il 20. Prima può finire per stancare.

Il segreto è mantenere lo stesso filo narrativo: la stessa voce, la stessa promessa, la stessa storia vista da angolazioni diverse.

5. Strumenti minimi, grandi risultati

Con zero budget si può fare molto:

  • Canva per grafiche base.

  • Mailchimp o Brevo per newsletter gratuite o quasi.

  • WordPress o una piattaforma di dono per la landing.

  • Un foglio Excel per il piano editoriale e la gestione dei contatti.

Ma presto anche Zelania… L’efficacia non dipende dal software, ma dalla coerenza e dalla costanza.

Un consiglio pratico

Dedica mezz’ora a settimana per verificare:

  • cosa è stato pubblicato,

  • cosa ha funzionato meglio,

  • cosa puoi migliorare.

Non serve un’analisi sofisticata: bastano intuizione e continuità.

Il Natale, ancora una volta, diventa una palestra. Un’occasione per imparare a trasformare il racconto in azione, la parola in gesto, la relazione in fiducia. È così che il fundraising cresce: un contenuto per volta, una connessione per volta.

La prossima settimana parleremo di donatori e motivazioni: come parlare ai diversi profili e costruire messaggi che risuonano davvero, senza cadere nei cliché tipici del periodo natalizio.

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