A volte ho l’impressione che quando si parla di crowdfunding si tenda ancora a generalizzare e ad accontentarsi di quello che si trova in Rete sull’argomento o, peggio, sul sentito dire. Nella raccolta fondi, in particolare mi riferisco alle organizzazioni che hanno poche possibilità economiche o poca conoscenza dei processi di fundraising, noto che si danno per scontate molte cose e si pensa che basti mettere un progetto su un portale, et voilà, il gioco è fatto.

Be’, un fundraiser sa bene che così non è e che fare crowdfunding è un’opportunità che vale certamente la pena cogliere ma, nel coglierla, occorre farlo con criterio, con un’idea ben precisa delle azioni che si andranno a fare a supporto, che occorre una buona base relazionale – e per buona, intendo affezionata -, che occorre perseveranza e concretezza progettuale.

Nel fare fundraising poi, quando parliamo di crowdfunding, il più delle volte ci riferiamo al modello “Donation Based”, basato cioè sulle donazioni e che prevede l’adesione a una causa sociale attraverso il sostegno a un progetto definito. Questa modalità è la più tradizionale e sono molte le piattaforme capaci di assistere un’organizzazione nonprofit e l’ente pubblico che vuole fare raccolta fondi, offrendo loro strumenti di comunicazione molto social oriented. Ma questa è solo la prima delle opportunità di crowdfunding cui un’organizzazione o una buona idea applicabile possono rifarsi. Ve ne sono altre quattro che, a seconda della complessità del progetto, potrebbero essere vagliate. Vediamole brevemente:

  • Crowdfunding Reward Based. Si partecipa al finanziamento di un progetto in cambio di un premio, un riconoscimento non in denaro di valore simbolico o magari dell’oggetto stesso una volta prodotto. È un modello molto diffuso. Esempio tipico è Kickstarter.com, una delle piattaforme più note al mondo nel settore.
  • Crowdfunding Social lending o Peer to Peer lending. Nato per realizzare prestiti tra privati ricompensati con il pagamento degli interessi, funziona senza la mediazione delle banche e prevede tassi più agevolati rispetto ai finanziamenti tradizionali. Smartika.it è tipico esempio made in Italy;
  • Crowdfunding Equity Based. Prevede l’acquisto online di un titolo di partecipazione in una società in cambio di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione all’impresa. La complessità di questo strumento ha previsto l’intervento della Consob per disciplinarne l’attività. A questo link, sono reperibili le linee guida e il regolamento a cui faccio riferimento. Un esempio italiano è Terzo Valore di Banca Prossima.
  • Crowdfunding Royalty Based. In questo caso, il finanziatore si ripaga con i profitti ottenuti dall’iniziativa finanziata. Tra le diverse tipologie di crowdfunding, questo modello è, insieme all’Equity Based, il più recente.

Qualche numero per capire il fenomeno.

Secondo quanto riportato dall’Università Cattolica di Milano nel report Il Crowdfunding in Italia interamente scaricabile qui, i soldi raccolti nel 2015 tramite le piattaforme di crowdfunding sono circa 57mio sui 30 del 2014.

Le opportunità sono quindi diverse e a seconda della complessità organizzativa e dell’attività possono essere avviate, da parte della ONP, forme diverse di microfinanziamento dal basso. Certamente, le più creative, con minori implicazioni ma non per questo più superficiali restano, per il fundraiser, la donation e la reward based. L’una o l’altra dipende essenzialmente da cosa c’è sul piatto.

Le principali piattaforme di crowdfunding presenti in Italia sono 76. L’aggiornamento è a luglio 2016 e a stilare la lista con oggetto, indirizzi e informazioni utili, è EconomyUp.it. L’elenco completo lo trovi qui.

Utile, no?

 

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