Settembre lo abbiamo dedicato ai giovani, ai giovanissimi, a quella parte di futuro che ancora non dona ma che già oggi dobbiamo imparare a coinvolgere. Ora desidero spostare lo sguardo su un altro aspetto fondamentale del fundraising: imparare a coltivare quello che già abbiamo in pancia. Perché, con l’avvicinarsi del Natale, questo è proprio il momento giusto.

Inizia qui un percorso settimanale che ci accompagnerà fino a dicembre: uno spazio pensato per fornire strumenti semplici, ma utili, per costruire basi solide di fundraising. Tappa dopo tappa.

Pronto? Allora entriamo subito nel concreto: ecco 10 azioni semplici, pratiche e possibili per coltivare i donatori che abbiamo già.

Checklist: 10 azioni per coltivare i donatori che abbiamo già

Troppo spesso gli enti – soprattutto i più piccoli – guardano solo all’esterno, all’idea di “nuovi donatori”, “nuove campagne”, “nuove opportunità”. Ma il vero tesoro, quello che fa la differenza, è già dentro casa: nei rapporti che abbiamo costruito, nelle persone che ci conoscono, in chi ha già donato o scelto di stare accanto alla nostra causa.

Il fundraising, prima di essere acquisizione, è coltivazione. E coltivare significa prendersi cura, avere metodo, nutrire relazioni giorno dopo giorno.

Ho così pensato a una checklist operativa, che risponda alle specificità degli enti del Belpaese e pensata proprio per i piccoli team: dieci azioni semplici e concrete per dimostrare che, anche con poche risorse, si può lavorare bene.

Perché il fundraising non è solo andare a cercare altrove. È, soprattutto, dare valore a ciò che abbiamo già.

1. Ringraziare sempre, e bene. Non un ringraziamento standard, freddo o automatizzato. Ma un grazie personale, sincero, possibilmente veloce. Una telefonata, una mail diretta, persino una lettera scritta a mano: sono gesti piccoli che fanno la differenza.

2. Raccontare i risultati, non solo i bisogni. Un donatore non vuole sentirsi “bancomat” chiamato solo quando serve. Vuole sapere che il suo gesto ha fatto la differenza. Raccontare i risultati ottenuti grazie al loro sostegno crea fiducia e stimola il ri-dono.

3. Segmentare i contatti. Non tutti i donatori sono uguali. Anche un piccolo database può essere diviso in cluster: chi ha donato più volte, chi solo una, chi partecipa come volontario. Segmentare significa inviare messaggi mirati, non uguali per tutti.

4. Creare momenti di incontro. Non solo eventi grandi e costosi. Anche un open day in sede, una visita a un progetto, una diretta online con i beneficiari. Momenti semplici, che permettono di “toccare con mano” la causa.

5. Valorizzare i donatori ricorrenti. Chi sceglie di donare ogni mese, anche con piccole cifre, è il cuore pulsante di un ente. A loro serve un’attenzione speciale: aggiornamenti dedicati, messaggi di riconoscimento, la sensazione di far parte di una cerchia più vicina.

6. Dare spazio alla voce dei donatori. Chiedere opinioni, raccogliere feedback, fare sondaggi veloci. Non solo per avere informazioni utili, ma per far sentire le persone parte di un processo condiviso.

7. Celebrare i piccoli contributi. Un errore comune è considerare “importante” solo chi dona tanto. In realtà, ogni donazione conta. Celebrare e riconoscere anche chi contribuisce con cifre minime rafforza la cultura della comunità.

8. Usare bene il digitale. Non servono piattaforme sofisticate. Basta una newsletter regolare, curata, chiara. Aggiornamenti brevi e visuali sui social. Un sito con una sezione sempre aggiornata. Costanza più che complessità.

9. Integrare volontariato e dono. Molti volontari non si percepiscono come donatori, eppure il loro tempo è già dono. Riconoscere questa dimensione, e proporre anche a loro la possibilità di sostenere economicamente la causa, rafforza il legame.

10. Coltivare relazioni, non solo transazioni. Alla base di tutto: non pensare al donatore solo come a una fonte di entrate. Pensarlo come parte della comunità, come alleato, come compagno di strada. La relazione è più importante della singola donazione.

Il fundraising non è mai stato solo “chiedere di più”. È, da sempre, creare le condizioni perché chi è già vicino a noi senta di esserlo ancora di più.

Guardare a chi c’è già, a chi ha creduto in noi, a chi – magari con un gesto piccolo ma significativo – ha deciso di sostenere la nostra causa. Per i piccoli enti, questa è la via maestra.

Dieci azioni semplici, subito fattibili. Non servono grandi budget o strumenti sofisticati: serve attenzione, cura, costanza e temperanza. Molta. Il resto è disciplina.

Tra sette giorni entreremo nel dettaglio del piano di dicembre: calendario, cadenze, cosa inviare e quando per cercare di ottenere il meglio da ciò che stiamo facendo.

Condividi su:

Lascia un commento