Mi piacerebbe quest’oggi parlare di trasparenza. Vorrei provare a riflettere sul senso di questa parola, di cui si parla spesso ma che si mette ancora poco in pratica.

Ho letto con particolare attenzione La trasparenza non è un optional (scarica il pdf: Corsera buone notizie Zavatta) di Gloria Zavatta pubblicato oggi, 8 dicembre, su Corriere Buone Notizie. La presidente del Cesvi si sofferma a lungo su come il suo ente abbia fatto dei processi di accountability un vanto. E le va dato atto che cosi è. L’organizzazione negli anni ha dimostrato particolare attenzione al tema, arrivando a vincere più volte il premio annuale dedicato al bilancio sociale promosso dalla Ferpi, Federazione Relazioni Pubbliche.

La trasparenza, a ragione direi, ha acquisito con il tempo sempre maggiore centralità. L’articolo della Zavatta mi dà lo stimolo per scriverne ancora e ribadire concetti che ho avuto modo di appurare in più occasioni essere mai ovvi.

Comunicare in modo corretto l’uso delle risorse rappresenta di fatto il più grande alleato che un fundraiser possa avere nella richiesta del dono.

Non va dimenticato che un donatore, specie se grande o interessato, vorrà sapere “come stai e come ti muovi” prima di procedere nel sostegno.

Se non sei in grado di rispondere coi fatti, probabilmente il potenziale interessato rivedrà il suo supporto se non convinto fino in fondo. E probabilmente non ti dirà mai la verità sul perché della sua scelta ma posso assicurarti che parte del perché viene proprio da qui: dall’incapacità di saper comunicare adeguatamente (e spontaneamente aggiungerei) il tuo stato di salute economico-finanziario, al di là che ti venga richiesto più o meno esplicitamente. 

Che il nonprofit, tutto, sia pronto a mettere le carte sul tavolo è un’altra questione. Il valore della trasparenza è indubbio ma la trasparenza in sé è molto in là dal piacere davvero a una parte di nonprofit. E non è semplicemente una questione di pigrizia, a mio modo di vedere.

Molte volte è semplicemente per ignoranza dettata dal non sapere; alcune, purtroppo, per volontà di non mostrare.

La trasparenza rappresenta davvero l’unica strada da percorrere per l’intero Terzo settore, come conclude la Zavatta, ma ci tengo a dire un’altra cosa da fundraiser:

la trasparenza non è un obbligo per buona parte del nonprofit (non ancora, almeno) ma è senz’altro un dovere morale. Nel fundraising, il denaro è il prestito che il donatore fa sulla fiducia e si aspetta che l’organizzazione utilizzi le risorse liberamente erogate secondo la diligenza del buon padre di famiglia.

Un prestito, eh!, con diritto di recesso in caso di inadempienza, inadeguatezza o ingiustificabile negligenza.

 

 

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