presidente parliamoneLo scorso post ha sollevato un grande dibattito tra i fundraiser.

Ho seguito un po’ a distanza quello che è accaduto dopo la pubblicazione, senza l’intenzione di intervenire direttamente perché aveva poco senso: la mia desiderava essere una constatazione e non una polemica, ma nell’animosità succede poi che tutto si trasformi e prenda una piega diversa. Ho quindi preferito tacere e attendere. Molte cose, poi, mi sono sfuggite perché non sono ovunque – anche se a volte così sembra – e mi sono state riportate solo successivamente.

Non è mia intenzione riaccendere gli animi.

Ho sollevato un problema come ho sempre fatto: l’ho fatto in passato in qualità di consigliera cercando di portare il mio punto di vista non sempre accondiscendente ma pur sempre propositivo e pronto al confronto (mi pare ma potrei anche sbagliarmi); lo faccio ora, nella coerenza che spero mi caratterizzi e nell’opportunità che credo di avere come socia, così come chiunque altro.

Ritengo che sia giusto e democratico dire quello che si pensa (purché abbia un senso, si spera), così come ritengo sia giusto ascoltare e rispondere con cortesia. Sempre.

Nutro un grande rispetto per tutti i fundraiser e per chiunque stia facendo qualcosa di buono per far crescere la professione nel nostro Paese; lo stesso rispetto lo rivolgo ai consiglieri Assif, molti dei quali conosco direttamente e verso cui provo sincera stima e un legame di amicizia. Tutto questo non è in discussione e chi mi conosce lo sa bene.

Non sempre tutto va bene, però. Quanto occorso, è proprio il caso di dirlo, mette in luce che un problema c’è e va affrontato. Emerge un bisogno diverso; un bisogno inespresso; un bisogno insoddisfatto.

Conosco le difficoltà da dentro ed ecco perché invito l’associazione – noi tutti – a riflettere e a cogliere questo momento come un’opportunità preziosa e di confronto interno – di maturazione, mi verrebbe da dire – che permetterà all’associazione di crescere in sintonia prima e, perché no (!?), numericamente poi.

Dobbiamo evitare, tutti, di arroccarci sulle nostre posizioni perché non c’è nulla di personale in tutto questo. E’ solo vita associativa.

Faccio mie le parole del presidente Zanin per la campagna tesseramento 2015:

“Sono socia Assif perché sono un fundraiser” e, aggiungo, non potrei stare che qui, sebbene abbia le mie riserve. Ma ci credo e vado avanti perché la dialettica, se costruttiva e indirizzata, premia.

Al presidente, quindi, rivolgo un invito che vuol essere un’apertura: parliamone. Creiamo dei momenti di confronto, anche sul web. Inutile illudersi di poterlo fare solo nelle sedi opportune e nei momenti istituzionali che sappiamo bene non funzionare e che, diversamente, potrebbero diventare la fase conclusiva di un percorso iniziato con modalità diverse.

Attivarci con nuovi format, forse più inclusivi e ragionevolmente più efficaci, potrebbe essere l’inizio di qualcosa di diverso.

Pensiamoci. Io ci sono.

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