Propongo l’intervista che Valerio Melandri ha rilasciato a Ferpi ultimamente e che trova spazio, naturalmente, tra le pagine del sito web del professore. La posto anche qui, con il rischio della replicazione, semplicemente perché condivido in pieno quanto riportato in queste righe.
Un fundraiser è un professionista con competenze specifiche e una preparazione ad alto livello. Tali competenze è giusto che vengano riconosciute e valorizzate. E il fundraising? Il fundrasing è un’attività che consente all’Onp di fare il salto di qualità. Ma, in primis, è l’organizzazione stessa che deve essere pronta ad affrontare il cambiamento ed essere pronta ad investire, a intraprendere. Insomma: a diventare impresa. Ciò non significa snaturarne il valore sociale. Significa, invece, ottimizzare e razionalizzare. Con cognizione. E’ necessario un cambiamento culturale. Non semplice ma necessario.
Aggiungo (ancora e solo) che lavorare nel nonprofit è una scelta. La valenza sociale deve essere un plus e non certo un alibi da inserire a contratto per giustificare la retribuzione o possibili attività opportunistiche giocate sulla buona fede del professionista. Questi atteggiamenti finiscono solo con lo svilire un settore che ha molto da dare e molto da dire (leggi qui).
Ma, ovviamente, questo è il mio pensiero. E il dibattito è sempre aperto :)