Negli ultimi anni, il panorama del Terzo Settore e delle imprese profit ha mostrato un’evoluzione straordinaria, spinta dalla crescente complessità delle sfide sociali e ambientali e dalla necessità di un approccio sempre più integrato e responsabile. Questa trasformazione, evidente soprattutto in organizzazioni e aziende strutturate, sta ridisegnando le regole del gioco, rendendo sempre più sfumata la distinzione tra il mondo profit e non profit. A emergere con forza sono concetti come competenza, coprogettazione e sostenibilità, fondamentali per costruire un futuro che risponda agli obiettivi programmatici ambiziosi dell’Agenda 2030.

La complessità del Terzo Settore e l’evoluzione delle grandi organizzazioni

Un osservatorio privilegiato di questa evoluzione è l’Oscar di Bilancio promosso da FERPI che giunge oggi alla sua sessantesima edizione. Dal 2012 ho il privilegio di occupare un posto d’onore come commissario di valutazione dei bilanci redatti dalle organizzazioni non profit. In questi anni ho dunque toccato con mano l’enorme passo avanti compiuto da molte organizzazioni. La capacità di rendicontazione e comunicazione è migliorata enormemente, ma resta appannaggio delle realtà con risorse significative, in grado di investire in professionalità di alto livello. Questo genera, di conseguenza, un divario con le organizzazioni più piccole, che faticano a competere sul piano della competenza e dell’efficienza operativa.

La riforma del Terzo Settore sta cercando di colmare questa lacuna, spingendo tutte le organizzazioni, anche quelle di dimensioni più ridotte, a ridefinire i propri asset e valori, traducendoli in azioni concrete e competenze operative.

Il ruolo crescente delle imprese profit nella sostenibilità

Parallelamente, negli ultimissimi mesi osservo come molte imprese for profit stiano affrontando il cambiamento imposto dalla nuova direttiva europea sulla rendicontazione della sostenibilità (CSRD). Queste aziende stanno andando ben oltre il mero adempimento normativo, abbracciando il concetto di sostenibilità in modo integrato e includendo nei loro obiettivi temi come il welfare aziendale e l’impatto sociale.

Mi tocca constatare come questa evoluzione ha trasformato il profit in un attore complementare a una velocità impensabile prima d’oggi (propria del profit), e talvolta trainante, nel raggiungimento di obiettivi comuni al Terzo Settore, con risorse economiche e capacità progettuali che aprono nuove possibilità di collaborazione.

Coprogettazione e coprogrammazione: una strada obbligata

Così, se in passato la differenza tra i due mondi era netta, oggi la convergenza di obiettivi e strategie rende la distinzione sempre più sottile.

Il cuore di questa trasformazione è rappresentato dalla coprogettazione e dalla coprogrammazione, due approcci che stanno cambiando le modalità di intervento sia del profit che del non profit. Questi processi richiedono una nuova mentalità, basata su partnership credibili, sincere e competenze condivise.

La coprogettazione diventa fondamentale per affrontare temi di prossimità, come l’assistenza sociale e la sostenibilità ambientale, dove le organizzazioni non profit giocano un ruolo operativo cruciale, ma devono potersi appoggiare su competenze solide e risorse adeguate. Questo richiede non solo una maggiore capacità di dialogo con il mondo profit, ma anche un forte investimento interno in formazione e innovazione.

La sostenibilità, intesa come capacità di bilanciare impatti sociali, economici e ambientali, è il punto di incontro tra profit e non profit e rappresenta la chiave per costruire un futuro più equo e inclusivo.

Le organizzazioni non profit devono imparare a proporsi come partner credibili e competenti, capaci di portare valore aggiunto nei processi di coprogettazione e coprogrammazione. Allo stesso tempo, le imprese profit devono continuare ad abbracciare la sostenibilità come elemento centrale delle proprie strategie, consapevoli che il profitto a lungo termine non può prescindere dall’impatto positivo sulla società.

Verso un nuovo modello di collaborazione

Il futuro del Terzo Settore passa attraverso la capacità di reinventarsi e di collaborare in modo sempre più stretto con il mondo profit. La complementarietà tra i due settori può diventare una forza straordinaria per affrontare le sfide dell’Agenda 2030, ma solo se entrambi saranno in grado di mettere in campo risorse, competenze e una visione comune. Quanto si fa oggi è ancora tanto, tanto lontano dall’essere sufficiente, e mi accorgo come i mondi siano ancora lontani, specie nei codici utilizzati, sebbene la convergenza sia ormai la chiave per la risoluzione a molti problemi sociali.

È un percorso ambizioso, ma necessario. Insieme, profit e non profit possono davvero fare la differenza, costruendo un futuro in cui competenze, risorse e valori condivisi siano il fondamento di un mondo migliore.

 

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