Quelli d’emergenza sono sempre momenti concitati. Il Terremoto in Siria e Turchia dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che la generosità delle persone è grande, specie nei momenti di difficoltà e dolore. Ed è proprio a questo grande cuore, che anche i meno generosi e i meno propensi al dono sono disposti ad aprire, che noi fundraiser dobbiamo guardare. Ed è a lui che dobbiamo portare rispetto per evitare che fiducia e disponibilità brucino in fretta.

Il terremoto ora, così come il covid prima e prima ancora gli altri terremoti ed alluvioni nel nostro Belpaese e nelle altre parti del mondo, finiscono con il nascondere sacche di opportunismo non indifferente su cui è facile cascare non perché si sia ingenui, si badi bene, semplicemente perché ci si fida e ci si affida perché altro non è possibile fare. Ma la buonafede, al pari dei soldi, è una risorsa scarsa: una volta che ne abbiamo approfittato, è perduta ed è difficile da recuperare; con essa vediamo svanire l’iniziale entusiasmo per una raccolta fondi fortunata.

In quest’occasione così drammatica, torno a ribadire un concetto per me fondamentale:

non abbiate fretta!

In aula così come nei miei libri, sono solita usare questo concetto che credo chiarisca ciò che penso sia il fundraising:

un approccio strategico (ovvero d’insieme) alla sostenibilità, la cui raccolta fondi deve essere una conseguenza, e non un fine, del bene che si fa. Solo in questo modo possiamo favorire (non garantire) una continuità delle risorse, senza ansia ma con metodo. Questa continuità è dunque data dall’abilità di usare in modo corretto e funzionale un insieme di fattori: strategie, strumenti, attività, relazioni, comportamenti, skills personali.

Sono una donna di comunicazione. Come tale sono convinta che se la comunicazione è diretta e sincera non debba per forza essere smaccatamente sfacciata per essere efficace. Il processo che porta alla fiducia e, dunque, all’adesione è il più delle volte lungo e occorre tempo per costruirlo e per mantenerlo. Per questo, diviene più duraturo e solido. Un donatore “sente” la genuinità dei contenuti e, per esperienza, se il grande brand è “inebriante” e “confortante”, un brand più piccolo può con più facilità instaurare un rapporto su base “personale” e più “diretto”, in cui direttivi, volontari e presidente diventano i primi front office del donatore, senza intermediario alcuno, destinatari diretti di oneri e onori, primi “indicatori umani” di efficacia ed efficienza a cui chiedere conto.

Mai per le vie brevi!, nemmeno nell’emergenza. Assicurati di avere un progetto concreto da realizzare. Prenditi il tempo necessario purché non sia troppo. Concentra le energie e scandisci bene il bisogno. Racconta. Raccogli. Rendiconta. Restituisci. Rinnova l’appello. Tieni a mente queste 5 R e non aver fretta di prendere la strada per Frittole, la località nata dall’immaginario dei grandi Massimo Troisi e Roberto Benigni in Non ci resta che piangere, perché poi potrebbe essere tardi per poter tornare indietro.

E ora, buona visione.

 

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