L’autosostenibilità attraverso il contributo volontario dei soci in molti casi, e l’intervento del pubblico nei sistemi di welfare in altri, non sono più sufficienti da tempo a sostenere le nostre organizzazioni nelle loro attività sociali. Da una decina di anni, in particolare, ovvero da quando il nonprofit ha cominciato a vivere con maggiori difficoltà il reperimento delle risorse per via di una diminuzione delle disponibilità, sia personali che pubbliche, dovute alla crisi globale è diventato necessario rivolgersi altrove e imparare ad attingere ad altri ambiti, affinando competenze o imparandone di nuove.
Al tempo stesso, è il donatore stesso a essere cambiato: è più cauto,non avendo molti soldi da donare, preferisce scegliere chi sa che può godere di fiducia; ed è più colto, con maggiori capacità di individuare e scegliere tra chi fa e chi non fa.
Per necessità o per virtù, l’approccio al fundraising da parte delle Onp sta assumendo tratti via via più definiti. Il nonprofit muta e cambia pelle, complice la Riforma che impatterà in modo sostanziale sugli asset e sui comportamenti degli enti che decideranno di aderirvi. C’è dunque una nuova consapevolezza verso il ruolo strategico che le attività di marketing sociale hanno nella complessità dei sistemi di sostenibilità delle organizzazioni nonprofit.
Allo stesso tempo, le nostre organizzazione dovranno imparare l’arte della perseveranza che certo non è sconosciuta ai nostri enti, ma si tratta ora di una perseveranza che va direzionata a un fine specifico, programmato, senza lasciare che gli eventi si compiano senza un intervento attivo da parte nostra. Incidere e intercedere è più che possibile. Non è solo giustificato, bensì altamente consigliato per fare la differenza. La proattività ripaga gli audaci. Per fare la differenza bisogna lavorare con costanza, pianificando adeguatamente. Aspettare gli eventi o agire nel breve non ripaga più.
In questo processo in veloce evoluzione, il digitale dà una spinta ulteriore e cambia in modo determinante lo scenario nel quale fino a oggi il Terzo settore, tutto, si è mosso.
L’impatto ha diversi ordini di grandezza e va dal flusso di risorse – economiche, strumentali, umane – che le organizzazioni saranno in grado di generare grazie al digital, al posizionamento che ciascun ente sarà capace di occupare sia nella testa del donatore potenziale che nella propria area di mercato.
A questo proposito, ci sono due considerazioni di cui tenere conto in modo particolare:
- La prima è che è quanto mai riduttivo parlare di soluzioni digitali da applicare al fundraising, quanto è più vero parlare di fundraising ai tempi del digital perché tutto si permea nel digital, come un liquido che si adatta al contenitore nel quale è inserito.
- La seconda considerazione è che grazie al digital tutto è possibile. Grazie al web, le piccole e medie organizzazioni possono provare a competere con le grandi, trovando un proprio ruolo in un ambiente complesso ma, di fatto, in regime attuale di oligopolio. È un dato di fatto che i budget disponibili avranno un ruolo imprescindibile sulla capacità di propagare un contenuto ma è il contenuto stesso che verrà premiato.
La partita si sposta dalla quantità dell’investimento alla qualità dell’investimento, dall’output generato nel breve all’outcome generabile nel lungo periodo. I contenuti di valore sono premiati dalle community, dai motori di ricerca e dalle piattaforme di socialnetworking che finiscono con il preferirli distinguendoli dal rumore di fondo e facendo fare il salto di qualità al suo emittente. Se si tratta di un’organizzazione nonprofit, questo impatterà con ragionevolezza sui fondi raccolti.
La raccolta delle risorse va dunque considerata conseguenza di comportamenti adeguati ai contesti e alla propria identità più che obiettivo in sé. Capito questo, diventa più semplice aprire al cambiamento e moderare le aspettative, altrimenti eccessive rispetto ai risultati effettivi.
Il digital fundraising, o più semplicemente la raccolta di fondi attraverso gli strumenti digitali, non è il presente ma senz’altro il futuro. Le ricerche internazionali nei mercati evoluti come quello statunitense, solo il 10% delle risorse vengono raccolte online (fonte Blackboud, Charitable Giving Report 2016). In Italia, la percentuale è più bassa ma la propensione è in crescita. È quanto raccontano i dati 2017 della ricerca Donare 3.0 curata da Doxa Duepuntozero per Pay Pal e Rete del Dono (richiedi la ricerca) o GFK Eurisko che rileva, indagine 2016, che la carta di credito per donare è scelta dal 3% dei donatori. Dati ancora piccoli ma, scrivevo, in crescita.
La certezza, e non solo presunzione, è un dato di fatto:
fisiologicamente assisteremo nei prossimi anni a un cambio generazionale dei donatori e sebbene i mezzi tradizionali è presumibile rimarranno, andrà certamente crescendo l’uso degli strumenti digitali anche per i pagamenti, dati dal crescere della platea e della confidenza sul mezzo da parte degli utilizzatori.
A cosa serve dunque il digital ora? Se il web non è il mezzo su cui puntare per acquisire nuovi donatori, è certamente il mezzo ideale attraverso il quale acquisire dati di contatto. Scopi del web ora sono sostanzialmente due: generazione di lead appunto e fidelizzazione.
Affinché questi due aspetti vengano soddisfatti, occorre che l’organizzazione perfezioni la propria offerta in comunicazione. Tono di voce, stile, linguaggio. Cura della parola e analisi del mezzo in relazione al target. Crossmedialità e integrazione dei mezzi. Il digital fundraiser ha un ruolo strategico in tutto questo e non viaggia solo, bensì con la collaborazione della struttura e la fiducia dei vertici.
Il web è dunque il futuro della raccolta fondi ma il presente della comunicazione sociale. Una conferma in tal senso, ci viene dalla facilità di accesso ai mezzi. Costi ridotti, platea vasta oltre che potenzialmente illimitata, sistemi di analisi per la misurazione istantanea dei risultati annullano le distanze tra lancio della campagna e ritorni sulla stessa, con una possibilità di intervento sull’aggiustamento della comunicazione che fino a poco tempo fa era impensabile se non a caro prezzo. È questo l’approccio tipico del growth hacker che nel sociale trova una sua logica applicativa di maggiore senso, viste le risorse scarse spesso a disposizione del professionista.
C’è poi un’ulteriore considerazione da fare circa la spinta data dalla massiccia velocità dell’innovazione sul web:
le applicazioni tecnologiche forniscono al fundraiser i mezzi attraverso cui coltivare le proprie community e ingaggiarne di nuove.
Si pensi al crowdfunding o al personal fundraising, o ancora alle piattaforme di dono sempre più customizzate o alla possibilità di donare tramite social network, sono tutti strumenti che arricchiscono di opportunità di raccolta le nostre organizzazioni. Alla base, però, c’è la capacità di costruire un dialogo ricco, costruttivo, partecipato e interattivo con le persone alle quale ci rivolgiamo e, dunque, si torna sempre lì: all’identità, alla reputazione e al senso di appartenenza che siamo in grado di sviluppare dentro e fuori la rete.
In #DigitalFundraiser parlo di tutto questo e di altro. Parlo di strategia, in particolare, di approcci e modi di fare raccolta fondi online. Ci sono alcuni trucchi del mestiere, naturalmente, e tutto quello che occorre per capire come proporsi efficacemente online, passo dopo passo. È una guida essenziale per due motivi:
- essenziale perché non può risolvere in duecento pagine la complessità del digital applicato al fundraising;
- tuttavia, è essenziale perché allo stesso esprime con concretezza i modi per fare bene fundraising ai tempi del digital con tutto ciò che serve per fare raccolta fondi online da qui in poi.
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Chiudo con un GRAZIE grande GRANDE in particolare a Federica Maltese ed Elena Torretta, Vita Non Profit, il mio editore FrancoAngeli per il supporto, Assif gruppo territoriale del Piemonte per il panettone e il buon vino, il Collegio Einaudi per la piacevole ospitalità, tutti gli amici che hanno voluto essere presenti all’evento, a quelli che non hanno potuto ma avrebbero voluto e alla folta platea presente.
La prossima tappa, tra fine gennaio e inizio febbraio, è Firenze!
Ci si vede presto, io sono sempre qui in giro ;)