Il fundraising è la nobile arte di insegnare alle persone la gioia di donare”.
A dirlo, Henry Rosso, tra i padri fondatori della scuola del fundraising negli Stati Uniti, Paese da cui arriva la storica tradizione sistematica e organizzata alla raccolta fondi per la sostenibilità degli enti. Poi tutto si ricontestualizza e adegua al Paese nel quale si applica. La vivacità e la spinta educativa del modo di fare fundraising Oltreoceano, si ridimensiona nel nostro Paese trovando una propria identità e un proprio modus sempre in bilico tra volontà di emergere e progredire e retaggio culturale che ne limita, sotto certi aspetti, l’adozione da parte delle organizzazioni a cui si aggiunge un peso da novanta per via di un contesto giuridico complesso che porta sé tanta ricchezza ma anche tanta contraddizione.
Ma una cosa è certa: un’organizzazione nonprofit è un’impresa e, come tale, va gestita, al di là dell’oggetto sociale per cui è nata. Il suo obiettivo è il soddisfacimento dei bisogni per cui è nata: bisogni sociali, emergenziali, educativi, culturali, possibili solo, o in modo particolare, con il denaro che diventa funzionale al raggiungimento degli scopi. Il denaro è dunque centrale benché succeda spesso di demonizzarlo, come se denaro e bene fossero antagonisti. Questa visione limita l’evoluzione del settore o gran parte di esso nel fare il salto di qualità per emergere e staccarsi dalla visione comune arenata al termine comune di ‘beneficenza’.
E’ dunque necessario un cambio di paradigma.
Se si vuole fare la differenza e raggiungere obiettivi importanti bisogna imparare a intraprendere. Sapere intraprendere significa assumersi il rischio di mettersi in gioco: con serietà e professionalità. Come in qualsiasi altra impresa che agisce su un mercato che compete. Ma per certi versi è ancora più difficile perché ciò che viene proposto è un bene intangibile di utilità sociale che ha a che vedere con valori, credenze, bisogni e necessità profondi e assolutamente personali. Fare impresa comporta una visione strategica che coinvolge diversi aspetti da sviluppare tra cui la comunicazione, il marketing, il fundraising, aspetti legali e fiscali, il project management, finance. In breve: professionalità e professionisti.
Il desiderio di fare e la maggiore cultura spingono a una tensione evolutiva di cui è necessario tenere conto e a cui non è più possibile restare indifferenti.
Tutto questo riguarda anche il mondo delle cooperative e delle altre organizzazioni nonprofit costituite in forma societaria che vedono sempre più venir meno l’alleanza con il pubblico e la necessità, dunque, di guardarsi intorno per garantire gli approvvigionamenti finanziari che permettano loro di continuare a lavorare e garantire i servizi sociali proposti.
Nel nuovo sistema di welfare che vediamo attestarsi, il fundraising è l’elemento caratterizzante a cui un’onp, ma non solo mi viene da aggiungere, dovrà tendere e la cui attività andrà internalizzata per efficientare, continuando a garantire l’efficacia.
(post originale e foto sono pubblicati su Cooperativeonline.it)
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