Per chiudere il cerchio sul tema emozioni e fundraising, replico e ti invito a leggere quanto Rossella Sobrero ha scritto a questo proposto per Ferpi. La docente fa il punto e si pone alcuni interrogativi particolarmente interessanti che devono far riflettere sul modo in cui si gestisce la relazione con il donatore (e non solo, aggiungerei). Merita un’attenta lettura.
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ETICA E NONPROFIT: BINOMIO SCONTATO? Il lavorare in un’organizzazione del Terzo Settore non è garanzia sufficiente per dare valore etico ad un’attività. Purtroppo anche nel mondo nonprofit esistono casi di comportamenti scorretti sul piano deontologico o di superficialità e di inadeguatezza sul piano propriamente etico. Non è vero che la buona causa viene prima di tutto e che qualsiasi mezzo è lecito per raccogliere fondi: per esempio, non è etico assumere, come fanno alcuni operatori del Terzo Settore, atteggiamenti aggressivi e poco rispettosi nei confronti dei potenziali donatori. Oppure gestire in modo poco corretto i propri collaboratori.
PASSIONE E RAGIONE. Passione è un termine che ha subito una lunga evoluzione: da assoluta passività (pàthos, con Aristotele assume il carattere di subire, di essere toccato) diventa con il tempo l’opposto di ratio, ragione. Nel fundraising c’è passione e ragione, sia quando si parla di raccolta fondi da un’impresa o da un privato. Esiste sempre un mix tra passione e ragione ma con prevalenza della ragione quando si parla di un’impresa (la passione c’è comunque perché l’interlocutore è sempre una persona) e di passione quando si parla di un privato (la ragione c’è perché si devono dimostrare i risultati ottenuti).
COMPASSIONE O SODDISFAZIONE? Le passioni coinvolte nel fundraising possono essere molto diverse: tristezza, rabbia, compassione ma anche sorpresa, soddisfazione, felicità. Negli ultimi tempi si è assistito al passaggio dalla rappresentazione delle passioni negative a quelle positive: molte campagne valorizzano infatti il risultato ottenuto grazie al contributo dei donatori perché genera empatia, fenomeno grazie al quale si crea con un altro individuo un processo di identificazione. L’identificazione è sempre il frutto di un mix tra passione e ragione: l’empatia tra madre e bambino (prima forma empatia diventata modello per tutte le altre) nasce per la madre dal riconoscimento dei bisogni del bambino e dal saperli soddisfare; per il bambino dal percepire la madre come un soggetto diverso da sé capace di soddisfare il suo bisogno. L’empatia è alla base anche dell’attività di fundraising: atteggiamento razionale nel conoscere e nel trasmettere ciò che l’associazione sa fare e farà e componente di chiarezza emotiva nel trasmettere il risultato che l’azione dell’organizzazione può ottenere grazie al medium del donatore. Ma quanto è corretto innescare driver emozionali sui quali far leva per spingere un persona a donare e fino a che punto è lecito giocare sul coinvolgimento emotivo del donatore?
EMPATIA ED ETICA. Alla base dell’empatia possiamo dire che c’è (o ci dovrebbe essere) l’etica. L’etica è la descrizione della buona qualità della nostra relazione con la realtà. In particolare di quella relazione con il mondo che usiamo chiamare “desiderio” o “bisogno” di appagamento. Desiderio o bisogno sono parole elementari, legate alla comune esperienza. Come dire: io ho notizia di qualcosa di utile o di necessario per me, qualcosa che mi manca e che vorrei avere. Per poterlo avere, compio solitamente una serie di azioni che mi avvicinano all’oggetto del desiderio. Queste azioni configurano un certo “comportamento” e ci fanno essere in un certo modo. In questo cammino si elabora di fatto un sapere che può illuminare sulla correttezza o meno dei nostri comportamenti e che può dare importanti indicazioni (cioè “principi”) che valgono come guida delle nostre azioni. Nel suo senso fondamentale, l’etica è ciò che governa i rapporti tra le persone ma anche tra le organizzazioni. Il rapporto tra due soggetti si può ricondurre fondamentalmente a due modelli: può essere un rapporto di reciproca disponibilità o un rapporto di minaccia. Dal punto di vista etico, è importante capire che il rapporto di minaccia conduce alla distruzione: un soggetto vuole sopraffare l’altro, anzi lo si vuole ridurre a un ruolo subordinato cioè a strumento dei propri fini. Si vuole trionfare sull’altro per affermare che l’unico soggetto è quello che vince. Ma un soggetto vincitore non può sopravvivere perché viene a mancare ciò di cui ha assolutamente bisogno: l’altro. Nel rapporto che cerca la vittoria a tutti i costi si instaura un dominio che è l’esatto contrario del rapporto di riconoscimento. Mentre soltanto il riconoscimento reciproco suscita, mantiene e accresce la vita. E questa è una regola aurea dell’etica, che vale anche per il fundraising i suoi mezzi. Nelle diverse religioni questa regola che ha diverse formulazioni:
- “Non fare al prossimo tuo ciò che ritieni detestabile” (Tradizione giudaica)
- “Non fare agli altri ciò che a te farebbe male” (Tradizione induista)
- “Non offendere gli altri nella maniera in cui offenderebbero te” (Tradizione buddhista)
- “Non fate agli altri ciò che non volete che essi facciano a voi” (Tradizione confuciana)
- “Nessuno di voi è credente se non desidera per suo fratello ciò che desidera per se stesso” (Tradizione islamica).
Kant ha posto questa regola al centro della sua morale:
Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche al tempo stesso come scopo e mai come semplice mezzo.
Il che significa riconoscere l’altro nella sua soggettività senza volerlo manipolare, senza volerlo annullare per raggiungere i propri scopi. Riconoscere l’altro per creare un rapporto empatico che produce risultati positivi di lunga durata.
IL RISPETTO? E’ ALLA BASE DEL FUNDRAISING. Per un fundraiser è importante conoscere i suoi interlocutori e le loro ragioni. Deve imparare non solo a chiedere loro in maniera efficace attenzione, tempo e soldi, ma anche a rispettarli. E’ necessario conoscere il potenziale donatore, provare con umiltà e spirito scientifico a comprendere i meccanismi che stanno alla base delle sue scelte, dei suoi comportamenti, delle sue reazioni fisiche e chimiche. Il rispetto è alla base di un approccio etico del fundraiser che non deve considerare i donatori come semplici bancomat pensando che basti chiedere e pretendere senza creare prima una relazione. L’etica prevede un uso attento delle risorse raccolte ma anche un puntuale rendicontazione: dalle intenzioni si deve passare ai numeri da fornire ai donatori.
Concludo l’analisi della Sobrero lasciandoti con due interrogativi: nel rapporto con il nostro stakeholder del momento, cosa è lecito e cosa non lo è? e se non lo è, qual è la variabile che ci fa desistere o, diversamente, ci fa proseguire sicuri al caldo delle nostre convinzioni?
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Thanks to:
Rossella Sobrero è docente di Comunicazione Pubblica e Sociale all’Università degli Studi di Milano e Partner per lo sviluppo e la comunicazione della Responsabilità Sociale in Koinètica. Seguila su Twitter all’account @RossellaSobrero (vai alla fonte dell’immagine e del post originale).
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