È ora di ripartire. Facile che ciò non avvenga da dove ci eravamo lasciati prima del lockdown, bensì da un punto ben diverso e, si spera, più consapevole.
Stefano Martello è giornalista e comunicatore oltre che Mentor del Laboratorio di Comunicazione Comm to Action di Bologna e componente del Gruppo di lavoro Ferpi sul Terzo settore.
Con lui, Carolina Fagioli e Francesco Paolo Visaggi, ne abbiamo parlato giusto qualche giorno fa in uno dei FreeWebinar che la Fundraising Academy ha organizzato per dare il suo contributo attivo in questo momento particolarmente difficile per tutti (iscriviti al Canale YouTube).
Buona lettura.
A chi fu dato molto
sarà chiesto molto
e a chi fu affidato molto
si richiederà ancora di più.
Luca, 12, 48
Non si è mai fatto nulla di grande senza entusiasmo[1]. È indubbiamente vero. Ed è forse per questo che nelle (poche, a dire la verità) fasi di rilancio a cui ho assistito nella mia carriera, l’entusiasmo non manchi mai. Potente. Assoluto. Disinibito e spregiudicato. Spesso, controproducente.
Perché – isolato, troppo coccolato ed autoreferenziale – l’entusiasmo si trasforma in azioni imprudenti e condotte casuali, mosse da un istinto adolescenziale più che da una concreta responsabilità nei confronti dell’organizzazione rappresentata.
L’obiettivo dichiarato di queste parole non è quello di bandirne la presenza ma, al contrario, di riequilibrarne il peso in una cornice d’azione sempre più organizzata, strutturata e matura.
1. Come? Rispondendo a cinque semplici domande.Quale è lo stato di salute della nostra organizzazione?
Ogni rilancio – personale, professionale, organizzativo – origina da noi stessi. Ed è giusto e doveroso, dunque, definire a che punto siamo. Quali sono le aree più vulnerabili e quali quelle potenzialmente in grado di sopportare uno sforzo ed una tensione propri di ogni momento di cambiamento. Quali sono i valori identitari che ci rappresentano e quali sono intervenuti nel corso degli anni, arricchendo o indebolendo il nostro patrimonio valoriale. Sembra un momento semplice e indolore, di quei momenti che ricorrono nelle trame di qualche commedia cinematografica, da espletare in 15 minuti e da cui uscire indenni e finalmente padroni del proprio destino. Non lo è.
È, al contrario, una fase dolorosa – nelle risultanze che potrebbero emergere – e necessaria, per poter affrontare una sfida che è, nel contempo, stimolante ed usurante.
Per tutto quanto sopra, la parola chiave è sincerità.
2. Quali sono le peculiarità (tradizionali e/o rinnovate) del nostro ambiente di riferimento?
Ogni rilancio – personale, professionale, organizzativo – comporta un dialogo ed un confronto con l’ambiente nel quale le nostre azioni trovano riscontro ed impatto. Dipendendo dal modo in cui le nostre azioni saranno, di volta in volta, percepite, accettate e criticate. Nessun ambiente è statico; la sua forma, i suoi valori di riferimento cambiano spesso in maniera repentina e poco ascoltabile, soprattutto se si è ancora immersi in una situazione di emergenza o di ridefinizione del proprio agire. Conoscere questi cambiamenti; valutarne correttamente il significato ed il significante, ci aiuta a calibrare in maniera più funzionale il nostro personale rilancio.
Non casualmente, le parole chiave in questo caso sono cinismo e funzionalità.
3. Rispetto all’esito delle prime due domande, quali sono gli obiettivi irrinunciabili e quali quelli sacrificabili?
Un rilancio non rientra mai nella categoria del proposito ma sempre in quella del progetto e, come tale, deve essere disciplinato, negli aspetti decisionali come in quelli attuativi. La conoscenza esatta dello scenario e, nel contempo, delle dotazioni (organizzative, valoriali e logistiche) in nostro possesso deve essere funzionale alla previsione di obiettivi specifici, concreti e realistici.
La parola chiave, in questo caso, è concretezza.
4. Disponiamo già delle competenze occorrenti o le dobbiamo individuare e innestare nel nostro tessuto organizzativo?
Il ciabattino non giudichi di ciò che sta più su della forma da scarpe[2]. Un concetto crudele, in tempi – come quelli attualmente percorsi – di competenza diffusa. Ma anche un monito importante che ci dice che ciascuno di noi è portatore di una competenza e che la stessa competenza non si risolve solo nella mera conoscenza di regole e precetti ma anche (soprattutto) nella pratica di usi e consuetudini che derivano dalla quotidianità. In termini operativi, questo si traduce in una fase di analisi sulle competenze occorrenti, per capire se le stesse siano già presenti o se debbano essere ricercate con una azione di reclutamento ad hoc. Proprio in questo momento si annida uno degli errori più diffusi, in grado di compromettere l’intero impianto di rilancio: la tendenza – soprattutto in ambiente digitale – a confondere la competenza con la risorsa, con scelte adattive che – pur assicurando la presenza formale – non riescono nell’intento di garantire l’efficacia sostanziale.
La parola chiave, in questo caso, è competenza.
5. Quali sono gli strumenti da mettere in campo per misurare la resa del rilancio?
Proprio perché il rilancio non attiene mai ad un proposito (naturalmente vago e creativo) ma ad un progetto, perimetrato e presidiato da valutazioni temporali, spaziali ed oggettive, lo stesso deve essere misurato, nel breve termine come nel medio lungo termine. Nel breve termine, per intercettare quelle distorsioni che, se non viste, potrebbero trasformarsi in errori di sistema. Nel medio lungo termine, per verificare il raggiungimento di quanto auspicato o per misurarsi con gli scostamenti tra quanto auspicato e quanto effettivamente raggiunto. Originando, di fatto, nuove attività di rilancio nel rilancio.
La parola chiave, in questo caso, è oggettività.
Rispondere a queste cinque domande, con decenza e serietà, assicura alla nostra fase di rilancio la possibilità concreta di un posizionamento efficace e stabile nel tempo.
Almeno, sino alla prossima emergenza.
L’attività formativa è momentaneamente sospesa per via dell’emergenza sanitaria.
Il nuovo calendario sarà online dal 18 maggio 2020.
[2] Ne sutor supra crepidam (iudicaret). Apelle, attr. da Plinio il Vecchio in Storia naturale.
[1] Ralph Waldo Emerson, Saggi.