Nella mia esperienza, ho letto un buon numero di progetti su cui mi è stato chiesto un intervento diretto per aumentarne l’efficacia. Allo stesso tempo, ho visto bei progetti cestinati perché spiegati mali. Ne ho visti altri, magari meno interessanti, passare per i più svariati motivi, uno dei quali perché ben descritto, ragionevole, misurabile e, non ultimo, esposto con semplicità.

Sembra semplice rispondere a una grant proposal o stendere una proposal summary ma

saper scrivere bene è un’arte e saper scrivere bene un progetto di raccolta fondi è un’arte ancor più sublime. O almeno lo è per un fundraiser, sia chiaro.

Mettersi al tavolo di lavoro e stendere un documento, argomentando in modo adeguato, è tutt’altro che facile ma è tuttavia un compito che compete al fundraiser.

La prima domanda da porsi e a cui occorre rispondere è:

si capisce perfettamente cosa sto chiedendo e cosa sto facendo?

Eh già, perché non sempre gli obiettivi sono chiari, a volte nemmeno a noi, e quindi si finisce per perdere un gran tempo e fare dei grandi pasticci. In questi casi, il meno che possa capitarti è il rifiuto del finanziamento. Il peggio, invece, è essere inseriti nella black list come organizzazione poco seria o poco capace. Questo è il vero rischio e va tassativamente evitato.

Non è detto poi che il grande lavoro riceva giusta soddisfazione, ahimè!. Chi di santi in paradiso non ne ha, deve affidarsi alla propria capacità, evitando di perdere tempo prezioso e facendo in modo che il messaggio arrivi chiaro.

Qui di seguito, qualche suggerimento per la stesura di un progetto che abbia tutte le carte in ordine per essere almeno vagliato dalla commissione di valutazione.

  1. Chi sei e cosa fai: vai dritto al punto. Chiarisci vision, mission, valori. Non dimenticare i contatti.
  2. Il nome del progetto: fantasia, ti raccomando. La creatività gioca un buon ruolo nell’attirare l’attenzione e fare in modo che almeno in una prima fase il nostro progetto si distingua dagli altri. Spazio alle idee, senza scadere nei luoghi comuni ma senza nemmeno troppo timore di apparire superficiali.
  3. Analisi del bisogno/analisi del contesto: qual è il bisogno reale che andrebbe a soddisfare la tua richiesta di fondi? Detto in altri termini: per quale motivo chiedi dei soldi? A cosa servono esattamente? Qual è la situazione di disagio su cui vuoi intervenire? Come se stessi svolgendo un tema, ti consiglio di rispondere prima di tutto a queste domande. Solo successivamente puoi permetterti di dilungarti, se lo spazio c’è.
  4. Risposta al bisogno: come intendi usare i soldi che chiedi? qual è l’intervento concreto che hai in mente? Perché credi che l’intervento così proposto possa fare la differenza? Hai numeri da portare a supporto? Argomentare è la parolina magica (qualità).
  5. Beneficiari: chi beneficia direttamente del nostro intervento? Chi indirettamente? Quali sono i motivi dell’inclusione? E quali, eventualmente, quelli dell’esclusione? Saper individuare esattamente chi trarrà vantaggio dal nostro intervento è importante e altrettanto importante è ragionanare in termini numerici (quantità).
  6. Tempi di realizzazione: individuare l’asse temporale entro il quale realizzare il progetto è importante ma è importante anche essere in grado di scandire per step il tempo che ci diamo. Questo ha a che fare con un concetto che prende il nome di “misurabilità”.
  7. Aree di responsabilità: chi fa che cosa in un progetto? Quali sono i referenti? Come lo rintraccio nel caso in cui ci fosse bisogno di chiarimenti? Esiste un curriculum vitae che mi faccia capire chi è chi, eventualmente? Tutto ciò significa dimostrare che l’organizzazione è strutturata o comunque organizzata. Che ha ruoli chiave capaci di assumersi il rischio.
  8. Il controllo del progetto del tempo: un progetto non finisce nel momento in cui viene realizzato, al contrario. In quel momento si è solo all’inizio. La difficoltà sta dopo: a 6, 12, 24 mesi dal suo avvio. La domanda che un finanziatore potrebbe porsi è: che fine fanno i miei soldi, poi? Sono ben investiti?
  9. Budget: raccomando le voci di costo. Puntualità nella descrizione di azioni e sottoazioni. Raccomando l’indicazione dell’IVA, se prevista. Inserisco al lordo o al netto? Se non è indicato e stiamo rispondendo a un bando, forse è meglio chiedere. Il budget è credibile? Ancora, quanto chiedo è giustificabile e sopportabile dal bilancio della mia organizzazione? Mi spiego meglio: progetti faraonici con bilanci esigui hanno poca speranza, a meno che non siano argomentabili e, quindi, giustificati. Ma per questo, rimando al punto 4.
  10. Altri finanziamenti: fondi propri? Parti terze? Nulla di tutto questo? Bene, spiega e specifica.
  11. Pubblicità: io amo chiamarla “valorizzazione della reciprocità”. Sì, perché tutti si aspettano qualcosa in cambio, checché se ne dica, ma questo qualcosa va armonizzato a seconda del valore di quanto prodotto dalle parti. Va quindi pensata e proposta una promozione della partnership che abbia coerenza e sia di valore per tutti gli attori in gioco.
  12. Criteri di misurazione: come valorizzi l’impatto sociale prodotto sia dal progetto che dal contributo? Quali indicatori usi? Quali stakeholder coinvolgi e perché? La teoria del cambiamento prima e la valorizzazione economica di ritorno del contributo erogato sono aspetti che non trascurerei. E di questo ho avuto più volte modo di parlarne in questa sede anche grazie al contributo di Christian Elevati.

Un ultimo consiglio che mi sento di darti è di:

dare il giusto peso al tuo progetto: non sovrastimarlo ma, al contempo, non sottostimarlo. Se lo sovrastimi, il rischio è di alzare troppo l’asticella delle aspettative e di rimanere deluso. Se lo sottostimi, rischi di non portarlo a termine in modo adeguato, perché i fondi eventualmente raccolti non sarebbero sufficienti a garantirti la riuscita di un prodotto di qualità.

Tutto deve avere un senso, avere un giusto peso ed essere misurato. Sei pronto?

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