Sembra un concetto scontato, ma non lo è.
La gestione delle risorse umane volontarie è da sempre molto complessa. Nel nostro Paese il numero dei volontari è basso rispetto a quello di altre nazioni. Per esempio, negli Stati Uniti d’America il 23% dei cittadini adulti fa volontariato e nel Regno Unito la percentuale sale al 30%, contando i ragazzi e le ragazze che hanno più di sedici anni.
Perché nel nostro Paese è così difficile trovare e trattenere volontari?
È difficile perché manca la formazione per farlo. Spesso, non c’è nessuno all’interno dell’organizzazione in grado di organizzare il reclutamento, formare i nuovi volontari, inserirli nell’associazione, continuare la formazione e fidelizzarli. Nessuno ha idea di come si gestiscono le risorse umane.
Si è in grado di raccogliere fondi ma non di raccogliere, organizzare e fidelizzare “donatori di ore”. Perché? Perché non si investe nella gestione delle risorse umane.
La ricerca del volontario “giusto” può essere la chiave del cambiamento nell’organizzazione. Cosa ci manca? Chi potrebbe fare la differenza? Quali servizi potremmo migliorare se avessimo volontari maggiormente motivati? Sono queste (ma non solo) le domande che l’organizzazione dovrebbe farsi prima di iniziare una campagna di reclutamento.
Diffondere locandine con la classica frase “cerchiamo volontari” non serve a molto. Va chiaramente specificato che tipo di volontari o volontarie cerchiamo. Ma questo non basta. Cosa dovranno fare? Per quanto tempo? Gli offriremo formazione? Perché dovrebbero scegliere la nostra organizzazione e non altre? A queste domande dobbiamo avere una risposta prima di iniziare a “chiedere”.
Fare fundraising non è molto dissimile dal fare people raising. Servono tempo, tecnica, strategia e programmazione sul lungo periodo.
Francamente, dopo venticinque anni di lavoro nel Terzo Settore e nel people raising, non credo che ci siano pochi volontari, ci sono invece pochissime organizzazioni che sanno correttamente cercare volontari e soprattutto gestirli. Non è solo questione di tempo da donare ma di motivazione da cementare.
La mia ricetta? Formarsi per capire come cercare volontari nel modo corretto, organizzare campagne di reclutamento mirate ed efficaci, inserire i volontari nell’organizzazione, formali in continuazione e fidelizzarli perché portino altri volontari. Un volontario ben motivato e felice fa la differenza!
(Questo contributo è di Raffaele Picilli, stimato collega e profondo conoscitore del mondo del volontariato e delle politica, con cui da molto tempo ho il piacere di collaborare).
“Un volontario ben motivato e felice fa la differenza!”
e aggiungerei anche “un volontario motivato, felice, coinvolto, gratificato e ringraziato fa la differenza”
Il lavoro del volontario non va dato per scontato mai. Un volontario demotivato o arrabbiato, è un volontario perso.
Spesso, i nuovi volontari si sentono inseriti in una macchina burocratica che finisce per incastrarli invece che coinvolgerli e dopo poco tempo lasciano
Si preferisce sempre di più essere volontari “free lance”, a giornata, a evento, piuttosto che impegnarsi in una ODV. E questo, sul lungo periodo, determinerà la chiusura delle ODV
La burocrazia ci sotterrerà tutti. Battuta a parte, hai perfettamente ragione. Molte delle organizzazioni che incontro mi raccontano di non avere volontari e di ritrovarsi sempre in pochi a fare le cose e sempre gli stessi. Probabilmente, esiste anche un problema di proposta di valore. L’organizzazione del lavoro interno non riguarda solo il profit.
Valentina hai centrato in pieno! Proprio durante il corso parleremo di come rendere un volontario motivato, felice, coinvolto, gratificato e ringraziato! Giuliana, hai ragione da vendere ma il volontario “free lance” mi convince poco quando le mansioni sono complesse..meglio un volontario fidelizzato e quindi regolare.
Neanche a me convince, anzi!