Nonostante il caldo, i toni non si abbassano. La prima quindicina di luglio si è dimostrata essere molto interessante per il Terzo Settore e per le politiche di Welfare. Sono tre, in particolare, gli eventi che hanno contraddistinto questo periodo e che danno il senso dello stato di insofferenza in cui chi si occupa del sociale versa. In un modo o nell’altro.
1. I COSTI DEL WELFARE
Il Welfare non è un costo, bensì un investimento. A dichiararlo a gran voce, “Cresce il welfare, cresce l’Italia” – la Rete interassociativa promossa da oltre 40 organizzazioni del nostro Paese che operano nel campo dell’economia sociale, del volontariato e del sindacato – nel rapporto presentato a Roma lo scorso 5 luglio e nato da una ricerca coordinata da Andrea Ciarini dell’Università “La Sapienza” di Roma. Tra il 2008 e il 2012 (nel pieno della crisi), si legge,
a fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123mila unità, in quello più attinente ai servizi di welfare, in particolare cura e assistenza, si assiste a un incremento considerevole di 1 milione e 623mila unità (pari a +7,8%).
Ciononostante, nel Belpaese manca l’idea dell’investimento delegando la responsabilità della presa in carico totale alla famiglia.
Destinare risorse pubbliche al welfare rappresenta, contrariamente a molti luoghi comuni, un investimento. Alcuni studi recenti confermano che l’uso della spesa pubblica per creare lavoro ha effetti sull’occupazione molto più alti e in tempi più rapidi rispetto ad altri tipi di misure: fino a 10 volte superiori rispetto al taglio delle tasse, da 2 a 4 rispetto all’aumento di spesa negli ammortizzatori sociali o alla riduzione dei contributi sul lavoro per le imprese (fonte, cit.).
Per chi scrive non è una novità, piuttosto una conferma di quanto più e più volte detto e su cui si cerca di fare, per quanto possibile, cultura. Puoi scaricare la ricerca in pdf al punto 3 di questa sezione.
2. CINQUE PER MILLE PASSIONARIO
Non si ferma, per fortuna, la mobilitazione del Terzo Settore sullo scippo legalizzato di parte di quanto dovuto da parte dello Stato. 172 i milioni sottratti alle associazioni. Zero giustificazioni per quest’atto che lede, a conti fatti, i cittadini nel loro diritto di scelta e prende in giro il privato sociale, incapace – perché poco rappresentato è il caso di dire – di azioni decise e definitive. A conti fatti, denuncia a gran voce Vita, quello che doveva essere un 5 per mille negli anni si è ridotto, di fatto, a un 4 per mille, perseverando, invece, nell’adozione di una comunicazione distorta della realtà. Si legge:
da due anni lo Stato dichiara il falso invitando i cittadini contribuenti a indicare la destinazione del 5 per mille delle loro imposte, giacché nel 2010 tale quota è stata decurtata senza nessuna comunicazione al 4,1 per mille e nel 2011 al 4 per mille! (fonte, cit.)
Ed è proprio Vita.it a lanciare la petizione la campagna “Una firma contro lo scippo del 5 per mille” sotto l’hashtag #SAPPIATELO. Poco più di 2mila le firme raccolte fino a ora. Ancora lontano l’obiettivo delle 5.000. Questo blog aderisce con slancio e ti invita a fare lo stesso. Perché la nostra voce, la voce di chi il Terzo Settore lo vive da dentro, non rimanga, ancora una volta, inascoltata. Se ci perde il nonprofit, ci perdi anche tu. Firma ora!
3. ISTAT, ANTICIPAZIONI SUL CENSIMENTO
Sono stati presentati lo scorso 11 luglio i dati relativi al 9° Censimento ISTAT sulle Istituzioni nonprofit in Italia. Dai dati emerge che:
Le istituzioni nonprofit attive in Italia sono 301.191 (+28%rispetto al 2001). Rilevante (…) l’apporto di risorse umane impegnate nel settore (…) contano infatti sul contributo lavorativo di 4,7 milioni di volontari, 681mila dipendenti, 271mila lavoratori esterni e 5mila lavoratori temporanei. Sono quattro istituzioni su cinque a usufruire del lavoro volontario, mentre il 13,9% delle istituzioni rilevate opera con personale dipendente e l’11,9% si avvale di lavoratori esterni (con contratto di collaborazione).
Una prima anticipazione che dà il senso dell’imponenza di un comparto che, nel Sistema Italia, fa la differenza; un Terzo Settore che cresce nonostante la crisi ma che, nonostante ciò, vive paradossi spesse volte culturali e di cui si parla altrettanto spesso su queste pagine. A questo proposito, ricordate il post sul follow up dello scorso dicembre? Allo stato dell’arte, i conti continuano a non tornare… Puoi scaricare l’abstract in pdf al punto 1 di questa sezione.
In conclusione di questo breve post, penso al trascorso e mi vien da dire che se tanto mi dà tanto, quello che ci aspetta è davvero un caldo (anzi caldissimo) autunno.
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