Tra le opportunità per fare raccolta fondi, quella delle azioni prodotte con le aziende è quella che, nel corso dei lunghi anni nel fundraising, mi ha dato maggiori soddisfazioni. Ed è proprio la richiesta da parte di una persona che ha seguito i miei percorsi formativi che mi dà lo stimolo per entrare nel merito di una branca della sostenibilità che può riservare grandi sorprese ma che necessita di tempo e spiccate doti relazionali, oltre che negoziali, perché dia risultati con un’efficacia che deve proiettarsi quantomeno in un lasso di tempo di media entità.

Intendiamoci, non che una raccolta one shot non sia ossigeno per le casse delle nostre organizzazioni sempre in equilibrio precario, ma quanto riusciamo a ottenere spesse volte non è paragonabile agli sforzi prodotti per ottenerlo. Così, sebbene quel “quanto” possa renderci felice, dobbiamo fare i conti con il tempo speso al suo cospetto. Quanto rimane, ecco… può non valere la posta in gioco. Che fare, dunque?

In questo primo contributo sul corporate fundrasing, desidero darti alcuni suggerimenti sull’approccio al donatore azienda potenziale; contributi nati dall’esperienza sul campo che mi auguro possano servirti per sconfiggere la naturale tendenza “al chiedere senza disturbare”, favorendo, diversamente, l’avvio a un dialogo maggiormente costruttivo e soddisfacente per entrambi:

  • Le aziende hanno bisogno di opportunità per fare profitto, non di casi sociali. Offri loro queste opportunità. L’azienda risponde ai suoi soci/azionisti, al mercato, ai suoi dipendenti, non a te. Chiediti dunque tu cosa puoi fare per loro e non cosa loro possono fare per te.
  • Le aziende hanno propri fini, sii pronto a mettere mano alle tue pretese e a modificare i tuoi piani iniziali. Se posso darti un consiglio, non presentarti a colloquio con un progetto bell’e pronto. Diversamente, usa questo momento (a volte raro) per interrogarli sui loro desiderata. Potresti facilmente sorprenderti a dover rimescolare le carte. Questo è il senso di ciò che definiamo “reciprocità”; questo è ciò che troviamo alla base di un partenariato di valore.
  • Le aziende hanno un proprio linguaggio, aziendale appunto. Imparalo in modo da comunicare attingendo a un codice condiviso.
  • Per l’azienda tu sei l’ultimo dei problemi, cerca di non diventare uno dei primi con comportamenti ossessivi, inappropriati e sfinenti. Ho assistito a monologhi infiniti, autocentrati, da cui io stessa, pur comprendendo la bontà del fine, sono uscita snervata. Sii centrato e orientato al risultato.

Un ultimo consiglio, banale forse ma non meno importante: sii professionale e non perdere tempo prezioso. Così, prima di qualsiasi tentativo di approccio, studia per bene l’azienda che hai individuato e verifica che faccia al caso tuo. Fatti alcune semplici domande:

  • Ha politiche attive di responsabilità sociale?
  • C’è attinenza con me?
  • Qual è il suo stato di salute?
  • Cosa posso offrire in cambio?

(Il post originale lo trovi su Granter al link)

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