I dati sulla propensione al dono degli italiani recentemente presentati da IID nell’annuale rapporto (Report_Noi_doniamo_2022_completo-wdtr, fonte) hanno posto in luce una flessione nella capacità di donare, sia che si tratti di tempo e capacità (volontariato, con un calo di quasi due punti percentuali, rispetto all’anno precedente, di cittadini che manifestano la volontà di donare questa risorsa), sia che si tratti di denaro (con un calo di quasi due punti e mezzo percentuale di cittadini che donano ad associazioni e con un forte riorientamento sulle associazioni di ricerca medico-scientifica) sia che si tratti di donazioni biologiche (organi, tessute e sangue, con una contrazione maggiore su quest’ultima area).

Questa flessione della capacità di donare viene riferita nel rapporto al calo della fiducia, legato alla situazione di long Covid, conseguenza delle misure di gestione della pandemia, e all’impatto economico derivante dal conflitto in Ucraina.

È possibile individuare una correlazione tra la flessione della propensione al dono e il calo generalizzato della fiducia nella società italiana? La fiducia e la capacità di affidamento agli altri in un contesto sociale sono comunemente considerate come elementi della dimensione relazionale del capitale sociale. Se le istituzioni collettive meritano fiducia, se si beneficia di reti di relazioni plurali stabili e affidabili, si genera quel modello di fiducia sistemica che genera capitale sociale. Quest’ultimo può essere definito come l’efficace funzionamento dei gruppi sociali attraverso le relazioni interpersonali, il sentire la condivisione di una comune identità collettiva, il reciproco comprendersi, la condivisione di norme, valori, cooperazione e reciprocità, fondata proprio sulla fiducia.

Il capitale sociale è una misura del valore delle risorse, sia materiali (es. spazi pubblici, proprietà privata) che immateriali (es. attori, capitale umano, persone) presenti in una società e secondo Francis Fukuyama esso è fondato sulla fiducia e l’impatto che queste relazioni hanno sulle risorse coinvolte in ciascuna relazione, e su gruppi più numerosi.

Un buon indicatore della dimensione di fiducia nel nostro sistema paese viene fornito dalle rilevazioni semestrali della indagine Eurobarometro che restituisce, in maniera comparata tra sistemi nazionali e media europea, alcuni elementi significativi, quali la fiducia verso le istituzioni politiche (governo e parlamento), il giudizio dei cittadini sulla situazione economica del proprio paese, le principali fonti di preoccupazione all’interno di ogni contesto.

Nel caso della recente rilevazione dello stesso sull’Italia, il giudizio negativo dei cittadini sulle istituzioni politiche rileva il 63% di cittadini che fornisce una valutazione negativa dell’operato del governo e un 66% che esprime un parere sfavorevole sull’azione del Parlamento. Il giudizio negativo sulla situazione economica del Paese viene espresso dal 78% dei cittadini italiani, a fronte di una media UE del 64%. Sfiducia istituzionale e preoccupazione per la situazione economica appaiono molto ampie come dati sistemici. Se si passa a rilevare la soddisfazione degli italiani sulle misure prese sui due grandi temi di attualità (misure anti-pandemiche, risposte al conflitto russo-ucraino), la situazione muta, restituendo l’immagine di una società divisa quasi a metà: il 41% dei rispondenti al sondaggio di Eurobarometro in Italia si dichiara insoddisfatto delle misure prese dal governo contro il Covid, il 45% non condivide le risposte del governo italiano al conflitto in Ucraina, il 47% paventa il rischio di crisi economica.

Una sfiducia generalizzata e la divisione a metà della società sulle principali misure prese nel corso dell’anno da parte delle istituzioni politiche restituiscono l’immagine di un paese sfibrato dalle preoccupazioni, ripiegato su di sé, poco motivato e propenso a guardare agli altri e a (ri)generare fiducia e capitale sociale.

Un cambio di passo di questa situazione appare auspicabile, per un miglioramento della condizione generale del sistema paese e per la ripresa e resilienza, che non possono essere solo orientate all’economicismo, ma devono farsi carico anche del capitale sociale e della fiducia dei cittadini, verso le istituzioni, verso le articolazioni sociali, verso la difficile ricostruzione delle reti di comunità. In questo senso, lavorare sull’immaginario della fiducia reciproca si pone come una leva fondamentale per gli enti di terzo settore, che hanno un compito difficile, ma alla portata delle straordinarie risorse di prosocialità insite in questo mondo.

Chiudiamo questo intervento con il riferimento alle riflessioni congiunte pubblicate un anno or sono a cui invitiamo alla lettura. L’effetto che avrebbero potuto avere le decisioni adottate dalla politica in materia di lotta al Covid-19 sulla tenuta delle donazioni e sul volontariato fu appunto il quesito intorno al quale ci interrogammo in quella e in altre occasioni. Allora fu per le sottoscritte una facile e, per contesto e tempi, audace previsione che si è rivelata, con l’occhio di oggi, esatta in quanto sostenuta da una buona conoscenza delle dinamiche che muovono il settore. Chiudemmo l’articolo di allora facendo appello al senso di responsabilità di ciascuno in un momento di forte complessità. Scrivemmo:

È necessario che i nostri enti assumano il ruolo di mediatori sociali e catalizzatori di fiducia sistemica, perché il contesto è cambiato definitivamente e il contributo del terzo settore può sostenere in modo determinante la coesione sociale, necessaria premessa di ogni vivere associato.

Allo stesso modo, anche l’attribuzione al long covid riteniamo sia più che altro, seppur in parte comprensibilmente, una scorciatoia cognitiva e come tale riteniamo vada presto rimossa in modo che le responsabilità prendano forma concreta e possano essere più velocemente elaborate e risolte.

Comunicazione e relazione sono gli strumenti necessari alle associazioni per rigenerare questa fiducia persa negli ultimi anni e contribuire ad offrire al sistema paese quell’ottimismo della volontà e delle capacità che è presente nel terzo settore italiano.

Occorre ricostruire la fiducia dei cittadini grazie ad un’operazione di conoscibilità delle attività portate avanti, del buon esito dei fondi generosamente donati da imprese e cittadini, del tanto valore prodotto dall’azione di volontari e collaboratori, dell’impatto prodotto dal terzo settore.

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Post a doppia firma
Elena Zanella, consulente, formatore, autore ed editore per il sociale
Maria Cristina Antonucci, ricercatore CNR e docente di comunicazione e politica Università La Sapienza 

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