Nel preparare l’intervento iniziale di Startup Fundraising, il corso intensivo alla raccolta fondi integrata che proprio in questi giorni è nel suo pieno svolgimento, mi sono imbattuta in una cosa a cui non avevo fatto caso, fino ad ora, ma che ha destato in me una sorpresa mista a preoccupazione.
Le nostre organizzazioni stanno dimenticando di raccontare chi sono o, meglio, qual è quel sogno a cui devono tutto, ma proprio tutto, ciò che hanno ora e ciò che sono ora.
Suona strano, eh?
Forse è proprio per questo che fino ad ora non lo avevo notato, ma nel cercare il materiale per raccontare lo spirito su cui le nostre organizzazioni si muovono, quello che più comunemente chiamiamo “visione”, semplicemente non l’ho trovato. Sui siti istituzionali, in quelli che ho investigato a questo obiettivo, non c’è granché. Perché accade?
Forse le nostre organizzazioni stanno pian piano dimenticando di comunicarlo o, almeno, di renderlo evidente nei canali di comunicazione esterna? O forse si ritiene sia sufficiente comunicare la missione?
C’è poi un secondo aspetto che mi lascia perplessa ed è questo:
Se quanto affermo sembra essere vero per le nostre Onp, lo stesso non può dirsi per il profit che invece sta imparando a valorizzare lo spirito del fondatore, rendendone più manifesta la visione, quasi a voler rendere “più umano” un obiettivo d’impresa che altrimenti si tradurrebbe nella più semplice definizione di “massimizzazione del profitto”. Porto tre esempi su tutti: Ikea, Amazon e addirittura la nostrana Sisal, con tutte le sue contraddizioni.
Nella mia esperienza nel corso di questi anni, ho dato sempre una grande importanza al lavoro sull’identità. Missione, visione e valori sono gli aspetti su cui mi concentro in fase di analisi iniziale delle strutture con cui ho la fortuna di collaborare ed è un lavoro che cerco di assicurarmi venga fatto di quando in quando. Perché, se ben adempiuto, facilita il lavoro dell’organizzazione in quanto riallinea le persone verso l’obiettivo comune.
Dobbiamo avere la consapevolezza che nessuno di noi, se interrogato, ha l’idea precisa di quale sia questo comune obiettivo, se non evidente. Ogni persona si costruisce proprie mappe mentali e all’interno di queste si muove, condizionato ciascuno dal proprio vissuto.
Non sorprende dunque che si vivano spesso conflitti interni, a volte profondi, su cui è necessario intervenire per evitare mali peggiori.
Non ti ho convinto? Fai un semplice test.
Prendi tre persone: un volontario, un dipendente, un membro del board. Chiedi loro qual è la visione dell’organizzazione. Ciascuno ti dirà la sua e ti sorprenderà accorgerti di quale idea vi sia nella testa di ciascuno!
La missione è qualcosa di scritto (la troviamo nello statuto) e di mutevole, che varia cioè al variare delle condizioni, dei contesti, degli obiettivi che man mano si raggiungono. La visione non muta, è stabile nel tempo: è quella cosa che più o meno concretamente (perché a volte è un sogno, a volte qualcosa di più tangibile ma pur sempre “quella cosa lì, così speciale, che mai cambia”, nonostante tutto). I valori sono le gambe su cui la nostra visione poggia, sono la coerenza che rende riconoscibile la nostra identità. La perdita di solo uno dei valori rende traballante il senso di ciò che facciamo fino a mettere a rischio la nostra stessa identità e reputazione costruita nel tempo, con sudore.
La visione non va data per scontata.
Come più volte ho scritto, la vocazione sociale non è di per sé condizione sufficiente per essere compresi al di là di ogni possibile dubbio. Dobbiamo dare alle persone gli strumenti per comprendere senza fraintendere. Lasciamo certo la libertà a ciascuno di decidere ma la visione è una e unica. Il nostro primo obiettivo, prima ancora di fare raccolta fondi, perché da questo molto dipende, è rendere manifesta l’anima dell’organizzazione, il nostro fuoco sacro!
Impariamo da Uildm, con il volto del fondatore Federico Milcovich, o da Lav o, ancora, da Terres des Hommes, lo fanno davvero bene.
Ti invito a fare un esercizio molto semplice:
- vai sul tuo sito;
- verifica la presenza, sotto il “chi siamo”, di queste tre paroline magiche: missione, visione, valori;
- se non ci sono, o ci sono solo in parte, prova a riflettere opportunamente sulla loro implementazione: chiedi a chi di dovere e favorisci un momento di confronto sul tema tra le diverse componenti dell’organizzazione (è tema delicato, lavoraci adeguatamente);
- declina la visione negli strumenti di comunicazione;
- contamina di visione i tuoi stakeholder, a partire da quelli interni.
Dobbiamo imparare a diffondere la visione come fosse un virus.
Se già lo fai, ti prego di raccontarmelo qui sotto e di indicarmi il link, mi piacerebbe raccogliere buone pratiche d’identità. Diversamente, comincia ora, non è mai troppo tardi. E’ importante e ne avremo solo da guadagnarci, davvero.