Nel corso di questi anni, ho cercato di fare la mia parte attivamente per la professione e per accrescerne le competenze. Nel farlo, sono cresciuta anch’io e ho imparato molto. Mi sono esposta in prima persona in tante occasioni. Come mia abitudine, non mi sottraggo alle cose in cui credo perché sono convinta che nel momento in cui decidi di impegnarti davvero, una posizione devi prenderla. Ho sempre fatto così e l’ho fatto anche nel 2011 quando mi sono proposta come componente dell’allora direttivo di ASSIF.
Nel corso del tempo, come poi ho spiegato a più riprese, mi è giunto il disincanto. Ho assistito a un cambiamento radicale dell’associazione, vanificando i miei desiderata e i motivi per cui mi ero messa in gioco. Ho tenuto duro fino alla fine del triennio di mandato, pur venendo meno la spinta al fare che deve contraddistinguere la figura di un consigliere.
Perché mi hanno insegnato che una strada non si molla a metà o tre/quarti: se lasci, hai già perso.
Ne sono uscita alla fine, palesando i motivi che mi hanno portato a essere in netto contrasto con parte del CD e trovandomi in minoranza con altri consiglieri, tutti colleghi di lungo corso.
Nel corso dell’ultimo triennio, non ho lasciato l’associazione perché puoi permetterti di dire qualcosa solo se ci sei e perché ritengo che ASSIF sia la sola realtà che possa proporsi seriamente come interlocutore e inutile sarebbe la costituzione di qualcosa di nuovo che ne replichi i tratti.
Ho così pagato regolarmente la mia quota e assistito allo scorrere degli eventi e del tempo. Proprio il tempo ha rinforzato l’idea e i motivi sull’uscita dal direttivo, ma mai dall’associazione, e sulle aspettative rispetto alla professione.
Su questo, le idee le ho molto chiare: l’ASSIF ha sbagliato posizionamento.
L’ASSIF non è quell’associazione di categoria che desidero mi rappresenti perché l’ASSIF non è un’associazione di categoria. L’ASSIF è un network di fundraiser italiani, così come leggo si definisce ora, che non fa la differenza per la professione e che non è rappresentativo.
Ho già detto in più contesti che non mi è chiaro l’obiettivo attuale ma a dire il vero non mi è chiaro almeno dal 2013, ovvero da quando in assemblea si è assecondata l’apertura ai volontari, appiattendo lo spirito di rappresentanza e la credibilità quale riferimento professionale. Ricordo perfettamente, a differenza di quel che si pensi, l’apertura verso i profili più vicini come quello del comunicatore (seppur con un taglio che riguardi il fundraising, diversamente verrebbe meno il senso) che continuo a sostenere, ma di professionista deve tuttavia trattarsi.
L’ammissione di pochissime unità di volontari, pur convinte e motivate, è stata accompagnata dall’uscita di tante persone che nell’ASSIF hanno finito per non riconoscersi più, inclusi coloro che ne hanno fatto la storia. Con loro si è persa esperienza e memoria purtroppo, esperienza e memoria che da più parti ho constatato il desiderio di recuperare e, sempre da più parti, la disponibilità di riattivarsi dietro un progetto concreto e finalizzato.
Ora voglio un’ASSIF più incisiva e più protagonista. Un’ASSIF che si faccia promotrice di azioni a tutela della professione. Voglio un’ASSIF che abbia qualcosa da dire. Un’ASSIF che collabori attivamente con le istituzioni, con le altre organizzazioni di categoria, con le organizzazioni di Terzo settore all’interno delle quali si manifesta. Voglio un’ASSIF ampia, partecipata e partecipativa.
Il messaggio può risultare poco popolare ma un professionista che ha deciso di fare di quest’attività il proprio mestiere e che a questa deve il proprio sostentamento, comprenderà che l’unico modo per provare a fare qualcosa per sé è definire bene, in primis, che cosa vogliamo essere e per chi. Ho l’idea chiara dell’obiettivo e di alcuni step intermedi.
Quanto mi propongo lo sintetizzo come segue.
Obiettivo generale:
- diventare l’organizzazione di rappresentanza per i professionisti del fundraising in Italia.
Obiettivi specifici:
- favorire il dialogo con le rappresentanze politiche;
- strutturare il rapporto con i media di settore;
- aprire opportunità di confronto con le organizzazioni;
- proporre attività di educazione e confronto interni per stimolare l’upgrading del professionista;
- favorire la valorizzazione delle competenze;
- allargare la rete di dialogo attivo con altre organizzazioni di categoria;
- riacquisire la memoria storica del fundraising in Italia attraverso il dialogo tra le diverse generazioni di fundraiser.
Questi propositi operativi andranno a vantaggio del professionista sia nella sua individualità che nella categoria. Anche i gruppi territoriali, elemento certamente vincente, ne trarranno vantaggio in termini di appealing e di attività prodotta.
La nostra professione è in crescita e il vuoto attuale crea vulnerabilità e smarrimento, mostrando il fianco alle libere interpretazioni e agli attacchi di cui ogni tanto siamo oggetto. Occorre dunque lavorare sull’aumento del potere contrattuale della categoria e valere di più.
Per fare ciò, occorre come prima cosa ripensare all’ASSIF in termini di posizionamento: è necessario riflettere se la forma attuale risponda adeguatamente alle attese del professionista e alla crescita della categoria. L’associazione va ridestinata alle persone a cui si rivolge e ai motivi per cui è nata, a tutela della figura del fundraiser professionista. Voglio un’associazione finalmente al servizio dei soci.
Per avere risultati, dobbiamo cambiare e guardare al futuro in modo attivo. Ci vorrà tempo ma da qualche parte occorre iniziare. Per questo mi candido ad ASSIF per il prossimo mandato e, se me ne sarà data l’occasione, alla sua guida. Chiedo supporto a tutti i soci che si riconoscono in questa visione e desiderano un’associazione diversa da ora. Invito inoltre chi condivide quest’idea a candidarsi: aiutiamoci a costruire quell’Assif di cui tante volte abbiamo parlato in tanti contesti, perché ASSIF cambia solo se lo decidiamo noi.
Elena Zanella
Leggi il programma in pdf: Manifesto Assif 2017_Elena Zanella