C’è qualcosa di profondamente sbagliato nei prodotti di comunicazione che inondano i media, in particolare nei prodotti sociali. C’è qualcosa che non torna, qualcosa che stona, qualcosa che non ci convince fino in fondo. Lo viviamo nelle immagini che, fiere e provocatorie, pervadono i nostri sensi e ci accolgono in tv e sul web. Le respiriamo e tastiamo nelle sensazioni di malessere che ci lasciano lì, latente e per un po’, sulla bocca dello stomaco, come a dirci: “Guarda un po’ che hai fatto. Colpa tua.”.
Noi non sappiamo raccontare perché non sappiamo come si costruisce l’individualità in una società complessa.
Spiega Carlo Sorrentino, professore ordinario del dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università di Firenze. E continua:
Non sappiamo creare relazioni con gli sconosciuti. E così i media raccontano le storie attraverso l’eccezionalità, il sensazionalismo. Il discorso dell’uomo che morde il cane non funziona più e i media sono sempre più consapevoli che raccontano storie sempre meno interessanti e sempre più consapevoli di vivere in crisi di credibilità…
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