L’operazione su e di Sea-Watch sta evolvendo velocemente verso forme più strutturate di raccolta fondi. È utile, a mio modo di vedere, analizzare il fenomeno per capire cosa sia successo, cosa potrebbe succedere ancora e cosa dovremmo aspettarci in termini di fundraising.

 

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Primo aspetto. L’iniziativa lanciata lo scorso 26 giugno su Facebook da parte del signor Franco Matteotti non è fundraising e non va confusa come tale. Nasce diversamente da una fortunata intuizione personale su un evento di cronaca che, parlando “alla pancia del Paese”, lo ha diviso favorendo un esito economico fortunatissimo. Nulla di pianificato e strutturato perché si definisca fundraising, tanto che la missione descritta sulla campagna è in lingua tedesca pur parlando al donatore italiano, a dimostrazione che non vi è stato uno studio definito dietro, semplicemente la volontà di fare qualcosa a sostegno. Il secondo elemento, non trascurabile, è dato dal fatto che l’obiettivo di 50mila euro inizialmente indicato a copertura delle spese legali derivanti dalle scelte del comandante Carola Rackete, e ora non più presente se non nei post dei sostenitori, è stato superato dopo poche ore e l’asticella della raccolta è stata cambiata progressivamente fino ad attestarsi agli attuali 349mila. Soglia di fatto già superata abbondantemente: gli euro raccolti ad ora sono 438mila per l’esattezza, con oltre 25mila atti di dono.

Secondo aspetto. Cinque mesi fa, l’organizzazione, lancia una campagna di crowdfunding su propria iniziativa e a propria firma su Produzioni dal Basso. Una raccolta che nell’ultima settimana ha subito un’impennata per via degli eventi occorsi e di cui vi è chiara traccia nella lettura dei messaggi lasciati dai sostenitori. Con la campagna sulla piattaforma, l’attenzione è alla missione e non su un progetto specifico. In questo caso parliamo di fundraising tenuto conto che quest’azione rientra tra le istituzionali dalla Ong tedesca e che prevede la segmentazione del dono, tipica attività per chi fa raccolta fondi.

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Terzo aspetto. Non solo donazioni ma anche merchandising. Sì, perché se vuoi sostenere la causa “affinché sopravviva – si legge – alla terribile aggressione simbolica e concreta che sta subendo” e far capire da che parte stai, da oggi puoi anche indossare le magliette pro #CarolaRackete di diversi colori a partire da 20 €. Le trovi qui con slogan diversi e ce n’è anche una molto bella realizzata dal fumettista Mauro Biani. E lo shopping online solidale rientra tra le strategie del fundraiser.

Nel solo Belpaese, l’operazione di raccolta fondi più o meno strutturata promossa da Sea-Watch o per Sea-Watch ad oggi è valsa all’organizzazione una raccolta di circa 500mila euro in 7 giorni con oltre 27mila atti di dono complessivi, ovvero 27mila persone che hanno compiuto un atto di fiducia. Seppur sia facile supporre che vi sia – si usa dire – una coda abbastanza lunga prima dell’arresto definitivo della raccolta del dono derivante dalla causa #Rackete e che si possa contare ancora su un ingresso di fondi abbastanza rilevante, il più credo sia fatto.

Ora sarà interessante capire il dopo e sono due gli aspetti su cui occorre vigilare.

Dal punto di vista del dono, l’azione del singolo è stata definita da più parti più come segnale politico che volontà di sostegno istituzionale a un’organizzazione. Questo potrebbe anche, ma non è detto, portare in secondo piano l’interesse al conoscere come verranno utilizzate le risorse raccolte. Da fundraiser, però, mi interessa molto. Allo stesso tempo, sono convinta che, passata l’emergenza, questo è un aspetto che dovrebbe interessare tutti coloro che hanno espresso, donando, la propria fiducia alla causa o alle persone che l’hanno promossa perché anche le azioni spontanee portano con sé un senso di responsabilità di cui i promotori non possono e non devono sentirsi esclusi.

Il secondo aspetto è l’enormità dei dati contatto raccolti, un sogno per qualsiasi organizzazione. Sarà interessante capire come e se l’organizzazione li gestirà, sia in termini rendicontativi che di follow up. E sarà interessante capire come e se Sea-Watch, giovanissima organizzazione non governativa, sarà in grado di trasformare una grande occasione di visibilità in una grande opportunità di crescita strutturale anche in termini di fundraising, o se seguirà il destino di altre iniziative precedenti illustri, come l’Ice Buckett Challenge, risultate sfortunatamente incapaci di sfruttare la grande opportunità offerta oltre la notiziabilità.

In breve, e per concludere, occorre dunque vigilare perché soldi e fiducia sono difficili da raccogliere nella maggior parte dei casi ma, molto più facilmente, una volta persi, non si recuperano più.

Rendicontazione e gestione, dunque: la credibilità passa da qui e il fundraising è qui che comincia.

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Il post originale lo trovi su Vita.it all’interno della mia area blog La Zanzarella.

(la foto in apertura è uno screenshot tratto dal video istituzionale della Ongpubblicato su Produzioni dal Basso).

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