Cosa rende una partnership tra profit e nonprofit efficace e duratura nel tempo? Ce lo spiega Anna Fabbricotti che, insieme e a Stefano Cerrato, è docente del modulo Parlare con le aziende. Corso pratico di corporate fundraising della Fundraising Academy dei prossimi 16 e 23 giugno su Zoom. Buona lettura.

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Si è sentito parlare molto, nei giorni di piena pandemia e anche ora, delle donazioni e dei contributi di aziende, piccole o grandi che fossero, spesso con collette tra dipendenti o coinvolgendo i propri clienti, come nel caso dei marchi della grande distribuzione, per supportare le realtà impegnate nell’emergenza. Certo, il coronavirus ha coinvolto e fatto paura a tutti, ma cosa spinge un’azienda, probabilmente essa stessa in difficoltà, a preoccuparsi per gli altri?

Da anni è in corso un grande cambiamento, oserei dire culturale, nel mondo delle imprese, che oggi sono sempre più connesse al proprio territorio, sempre più consce del ruolo che anche loro giocano nello sviluppo del welfare sociale, non solo in caso di emergenza, anzi.

La CSR, la responsabilità sociale d’impresa si è in questi anni trasformata, è uscita dai classici confini aziendali per entrare a pieno diritto come attore di cambiamenti sociali, invadere il territorio e la cosiddetta cittadinanza attiva, con la ferma volontà di diventarne protagonista. Il “give back”, il concetto di restituzione alla società di parte della propria fortuna, è sempre più diffuso, anche qui in Italia.

Aumentano le iniziative di volontariato d’impresa, di solidarietà, di campagne sociali e vere e proprie partnership pubblico/privato e spesso /nonprofit. Cosa manca, allora, per avvicinarle a noi e collaborare insieme? Dico una cosa forte, ma poi mi spiego subito: manca la nostra capacità d’ascolto. Saper ascoltare chi ci è davanti, conoscerlo, prepararci ad incontrarlo con attenzione e cura: sono prassi, nel nostro mondo non profit, ma poco applicate quando si tratta di incontrare il profit. Che non chiede altro che di capire, se sono bisogni che non conosce, che chiede di avere certezza dell’impatto e dei risultati, quando gli si propone una iniziativa o un progetto e, soprattutto, chiede di non essere solo un erogatore di fondi, ma un partner, con diritto di voce.

Dobbiamo imparare ad ascoltare, conoscere le aziende che vogliamo coinvolgere, scegliendole in base alle affinità con noi, con il nostro progetto, e imparando a presentarci nel modo giusto, con progetti e iniziative seri, con proposte interessanti e ben studiate, e non necessariamente grandi nomi.

Solo mettendoci sullo stesso piano, attori di un possibile welfare sociale, e non antagonisti, trovando linguaggi e obiettivi comuni, potremo davvero costruire un ponte e scoprire nuovi e interessanti partnership profit/non profit.

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