Sembra una contraddizione in termini ma non lo è: nel fundraising, i soldi da raccogliere sono davvero l’ultimo dei problemi.

Mi spiego meglio. L’obiettivo del fundraising è la sostenibilità e, dunque, la ricerca di risorse economiche che permettano all’ente di svolgere i propri compiti e rispondere, quindi, ai bisogni sociali prefissi. Tuttavia, per raccogliere i soldi la buona causa, presa da sola, non è sufficiente.

Mi perdoneranno gli amici napoletani per l’uso improprio ma “ogni scarrafone è bello a mamma soja”. Nulla di più vero. Detto in altri termini, una causa può certamente essere la più degna e la migliore del mondo ma se nessuno lo sa rimane fine a se stessa.

Non più tardi di ieri mi sono trovata a interrogarmi e a interrogare sulla legittimità o meno di azioni presunte e proposte che permettessero di fare (social) business – uso a proposito questo termine perché di questo si tratta, nulla di male mi pare -, senza che vi fosse chiara alla base un’idea del progetto di missione, se non nella testa dell’imprenditore.

Prima di pensare a quanti soldi raccoglierai, è necessario concentrare l’attenzione sulla chiarezza del messaggio, a partire dalle premesse e dalla solidità degli scopi.

Il fundraiser, per fare bene il suo lavoro deve quindi partire da qui perché è da qui che parte il discrimine tra serietà professionale e millantanza professionale. Il lavoro del fundraiser non si improvvisa, dunque, al pari di ogni altro lavoro che si rispetti. Tutt’altro. A mio modo di vedere, è questione di comportamenti e di approcci.

Sono tre, dunque, le domande che hanno la necessaria priorità:

  • È chiaro (non solo a me) chi sono?
  • È chiaro (non solo a me) cosa faccio?
  • È chiaro (non solo a me) dove voglio andare?

Solo dopo aver chiarito gli aspetti qui sopra è lecito, e opportuno (direi), domandarsi:

  • Cosa voglio (e serve) fare?
  • Con quali strumenti comunico ciò che voglio (e serve) fare?
  • Quanti soldi mi servono per fare ciò che voglio (e serve) fare?
  • Quanto chiedo ha un senso?

Strategia. Ecco cosa serve: una visione strategica e questa necessita di pazienza. Non tanta, se vogliamo, ma quanto basta.

Dal 21 al 23 ottobre si terrà il mio primo corso di teoria e pratiche dedicato al fundraising. Questo è il mio approccio. Questo oltre a tutto quello che trovi su di me in queste pagine virtuali e qua e là sul web. Un approccio pragmatico per una cultura sul fundraising che proprio adesso sta vivendo un momento molto delicato: quel filo sottile che divide la professione dall’accreditarsi come tale e che necessita, quindi, di formazione e skills specifici con un ruolo specifico e determinante nel terzo settore, da quella strumentale e comunque accessoria.

Da che parte vogliamo stare? Le mie idee sono molto chiare. Cercherò di dimostrarlo una volta di più, in aula e fuori, con le tante novità che questa nuova stagione sta portando, partendo, appunto, da questo corso e dagli ospiti (vedrai!) che interverranno e che svelerò nelle prossime ore.

(Leggi l’intervista su Vita Non Profit del 10 settembre 2015)

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