Siamo quel che diciamo. Facciamo dunque attenzione a come usiamo le parole. Le parole, così come le immagini, hanno una grande forza e mutano i percepiti. Il loro uso, e la comunicazione in genere, ha assunto un ruolo centrale specie in questo ultimo anno e mezzo in cui è stato detto tutto e il contrario di tutto. In cui i toni forti hanno preso il posto della ragionevolezza e in cui il clickbait ha la priorità rispetto alla qualità dei contenuti effettivi e della loro credibilità.

Insomma, siamo a un punto molto delicato degli equilibri sociali e dobbiamo tutti cercare di fare uno sforzo per mantenere i toni nei ranghi e questo passa dal pesare opportunamente le parole prima di pronunciarle, pensando all’effetto che potrebbe provocare nel nostro interlocutore. Ciò significa altresì tornare a usare termini facilmente comprensibili, come ci spiega Eleonora Terrile in questo suo nuovo post. Eleonora ti aspetta nell’aula di Startup Fundraising, il corso intensivo alla raccolta fondi al via il prossimo primo ottobre. Info e iscrizioni al link.


Scriveva Gianni Rodari nel suo celebre La grammatica della fantasia:

Tutti gli usi della parola a tutti mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.

A Gianni Rodari sono bastate poche battute per illustrare il rapporto parole-potere.

Chissà che cosa direbbe oggi davanti all’utilizzo spregiudicato della lingua a opera di politici, giornalisti, commentatori televisivi, influencer. La propaganda e la manipolazione esistono da tempi immemori, ma la loro diffusione e amplificazione istantanee attraverso i social network è questione recente.

È dunque attuale la necessità di un uso responsabile delle parole e che sempre più persone conoscano “tutti gli usi della parola”.

Utopia? No, se questo tema venisse preso in carico da chi per princìpi, statuto, missione e progetti si prende cura delle persone e dell’intero pianeta: il cosiddetto Terzo settore. L’avere cura di qualcuno o qualcosa comincia dalla scelta ponderata delle parole e dallo svelare manipolazioni di senso.

Esempi virtuosi ne abbiamo. Cito il chirurgo e co-fondatore di Emergency Gino Strada, abituato a evitare ogni retorica e maquillage linguistico. Invece di “missione di pace”, “esportazione della democrazia”, “bombe intelligenti”, “effetti collaterali” parlava di guerre, bombe, giocattoli esplosivi studiati per mutilare i bambini (i pappagalli verdi), uccisioni di donne, uomini e bambini inermi. Si definiva “contro la guerra”, non “uomo di pace”. Ringraziando Gino Strada e quanti hanno reso fondamentale l’operato di Emergency nel mondo, a cominciare dalla co-fondatrice e moglie Teresa Sarti, vado oltre.

Passo a un altro esempio di manipolazione del linguaggio, che tutti abbiamo letto o sentito.
È costituito da una parola e da un aggettivo. Comincia con “dittatura”, termine potente che evoca milioni di morti in campi di sterminio, campi di “rieducazione”, mancanza di libertà, restrizioni, ingiustizie inflitte a molti per la decisione di pochi. L’aggettivo è “sanitaria”. Il risultato, “dittatura sanitaria”, è un’espressione terrorizzante costruita a tavolino, che accompagna da mesi il tema Covid, pandemia, vaccini.

Quante manipolazioni linguistiche leggiamo o sentiamo ogni giorno? Con quali intenzioni sono state costruite? “Missione di pace”, “esportazione della democrazia”, “bombe intelligenti”, “effetti collaterali” rendono accettabili la guerra, le bombe, i morti, “Dittatura sanitaria” rende inaccettabili il vaccino e le restrizioni per contenere la pandemia da Covid.

Facciamo un gioco. Quando leggiamo un articolo di giornale cartaceo o digitale, un post, un tweet, un reportage proviamo a riconoscere le manipolazioni linguistiche.

A ogni scoperta guadagneremo un po’ di serenità in più.

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