Grandpa looks photo album with his wedding, little boy using electronic tablet. different generations

La chiave sull’evoluzione del dono sta nello studio dei possibili comportamenti da parte dei donatori, ora e domani.

Da fundraiser, sono interessata ai cambiamenti generazionali. Devo esserne preoccupata e devo cercare di comprenderli al meglio per muovermi in termini di vantaggio competitivo, per dirla alla Porter.

IMG_Elena Zanella

A più riprese mi sono trovata ad occuparmi di questo tema, non ultimo l’intervento alla Tavola Rotonda alla VII edizione del Phylanthropy Day organizzata da Fondazione Lang dello scorso 24 ottobre. Prima ancora, l’incontro con le classi terze di un istituto tecnico milanese sul fundraising per Associazione Circola. Tutta questa ricchezza mi ha imposto di studiare attivamente, approfondendo un argomento che mi ha riservato non poche sorprese.

Se i comportamenti dei maturi (Baby Boomers e Generazione X) nei confronti del dono e dell’impegno filantropico in genere sono piuttosto chiari, incluse le tendenze di quelli che rientrano nella sfera dei cosiddetti Millennials ora trentenni, si fanno molte ipotesi circa i comportamenti delle generazioni che succederanno, la GenZ, o Generazione Z che comprende i nati dal il 1995 e il 2010, e quella dei piccolissimi, la Generazione Alphache viene immediatamente dopo e che entrerà nel mondo del lavoro presumibilmente intorno al 2040 con un’autonomia economica prevedibile ancora più in là.

IMG_2855In queste riflessioni, centrale è la lettura di Generation Impact, uno dei pochi libri editi in materia che consiglio vivamente ai curiosi come me. Da qui alcune riflessioni conseguenti e la disanima di alcuni tratti essenziali della generazione dei futuri donatori in modo da trovarci preparati da subito circa il loro ingaggio per concludere con un’ipotesi di scenario il cui pensiero nasce da un incrocio delle sfide, opportunità e limiti più sotto articolati.

I GIOVANI E IL LORO RAPPORTO CON IL TERZO SETTORE

Come racconta Coobis in questo post, sembrano finire con i Millennials “i tempi dell’egoismo, del narcisismo selfie, dell’ossessione per il consumo e la passività”.

 la GenZ è una generazione realista e impegnata. Vuole salvare il mondo ma non sa ancora come.

Le ricerche condotte e riportate dalla testata dicono che il 60% dei giovani vuole un impiego che possa migliorare il mondo, il 26% fa volontariato e il 76% si preoccupa per l’impatto che ha l’uomo sul Pianeta. Due su tre vogliono fondare un’azienda. Le nuove generazioni sono più attente e realiste; allo stesso tempo, più scettiche e sospettose verso le grandi aziende da cui esigono trasparenza di filiera. Un ruolo centrale è ricoperto dalla responsabilità sociale e dal rispetto dell’ambiente. È una generazione che più volte ci è stata rappresentata come fuori dagli schemi di potere (Greta Tumberg ne è un esempio significativo). I GenZ hanno la libera iniziativa scolpita nel proprio DNA, per questo sono disposti a lavorare e ad afferrare al volo nuove opportunità. Il Terzo settore diventa dunque una bella sfida. Sono nati con la cultura DIY Do It Yourself e si adoperano nel risolvere i loro problemi.

 Per i giovanissimi vale la concretezza dove la sublimazione della narrazione lascia lo spazio a qualcosa di maggiormente corposo e tangibile.

Semplificando in uno slogan: “Non più racconti ma prodotti. Non più idealismo ma realismo”.

LA GenZ E IL DONO. COME ANTICIPARE L’ATTESA

In questo nuovo scenario, anche il rapporto con il dono muta. La filantropia futura sarà una filantropia diversa da quella a cui siamo abituati.

GenZ è la Impact Gereration, in cui l’impatto viene prima di tutto.

Facile presumere che la concretezza sarà alla base delle scelte di dono dei quarantenni del 2050.

Come è dunque possibile entrare oggi in contatto con i donatori di domani che, pur prestando meno attenzione, saranno sempre più abili nel filtrare le informazioni che contano e saranno sempre più super informati?

A partire da ora, nel comunicare con le nuove generazioni dovremo tenere conto dell’aspetto fortemente pragmatico della relazione con le cose. Sono 5 in particolare le domande a cui le nostre organizzazioni dovranno imparare a rispondere per provare ad aggiudicarsi il dono:

  1. Qual è il cambiamento reale che il tuo intervento può provocare in concreto?
  2. Come e quanto il mio aiuto/contributo può fare la differenza?
  3. Sono poco interessato al valore nominale in sé e più alle grandezze relative. Fatto 100 il bisogno, quanto il tuo intervento impatterà realmente?
  4. Posso toccare con mano e vedere con i miei occhi?
  5. Puoi darmi priorità concrete e realizzabili?

Questi aspetti sembrano somigliare molto a quanto già avviene ma non è esattamente così proprio per i motivi detti più sopra:

se le generazioni precedenti si accontentavano in larga misura di una narrazione, le nuove generazioni vogliono entrare nel merito e alzano l’asticella della pretesa.

C’è poi un ulteriore aspetto non di poco conto:

le nuove generazioni saranno poco fedeli.

La rincorsa alla concretezza porterà i filantropi e donatori di domani a essere molto più volatili e opportunisti rispetto ai donatori di oggi (leggi un mio post del 2013). Contare sulla loro lealtà sarà un errore. Sempre più alla ricerca dell’occasione o dell’esperienza migliore, non ameranno essere vincolati in nessun modo e desidereranno controllo e personalizzazione. La storicità di un ente sarà secondaria rispetto alla capacità dello stesso di saper essere produttivo, “sul pezzo” e orientato alla risoluzione dei problemi. Questo significa che a fare la differenza sarà il modo in cui le organizzazioni sapranno dimostrare il cambiamento/impatto al di là della loro dimensione. Riuscire a ottenere la loro lealtà sarà una vera sfida. Ancora una volta, tangibilità vs narratività.

Alcuni suggerimenti per catturare l’attenzione della Generazione Z:

  • Non inseguire la perfezione. La GenZ è creatrice e vuole prodotti disponibili rapidamente, resi migliori grazie al loro coinvolgimento.
  • Mostrare cosa c’è sotto. Spontaneità e velocità prima di tutto. Cresciuti scattando e scambiando immagini immediatamente, dalle organizzazioni si aspettano il medesimo comportamento.
  • Tutto social. I social sono l’habitat naturale della GenZ. È necessario essere presenti con contenuti brevi e soprattutto con immagini e video. Anche in questo caso, occorre capire i trend raggiungendoli nei loro spazi ideali.

2050. COSA RESTERÀ DI QUANTO C’È OGGI

Sforzandoci di immaginarci nel 2050, lasciando qui a memoria un disegno probabilistico risultante dalle tante cose descritte più sopra, ha senso aspettarsi che buona parte del Terzo settore considerato più di forma che di sostanza ora esistente verrà semplicemente spazzato via dal non interesse e dimenticato. Efficienza ed efficacia solo le variabili dipendenti dell’interesse che muove la GenZ. L’idealismo come lo concepiamo ora non sarà più concepibile in futuro. Le buone intenzioni in sé non saranno più sufficienti. Ci sarà un gran bisogno di risultati e avrà senso solo ciò che è reale, qui e ora.

(Nella foto più sopra con Luca Solesin di Ashoka.org. Foto scattata da Fondazione Lang che ringrazio per la concessione)

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