Some Concepts Write Down on Napkin

Quanti e quali tools usi per pianificare con metodo le tue azioni di fundraising? Per un fundraiser con memoria visiva come me, è indispensabile dotarsi di strumenti che possano permettergli di visualizzare la strategia che intende adottare.

In rete se ne trovano diversi ma a me, personalmente, piace sperimentare. Così, di tanto in tanto, metto a punto strumenti più o meno semplici (sezione) che possano aiutarmi a lavorare meglio e a far lavorare meglio e a spiegare con estrema facilità al mio interlocutore – giustificandolo – ciò che intendo fare e perché. Poi prendo tutto e integro in una strategia più complessiva e organizzata.

Quello che ti presento qui di seguito è uno strumento semplice e intuitivo, utile per buttare giù le idee e organizzare una prima suddivisione delle azioni di fundraising con relativa supposizione del piano degli investimenti e dei ritorni desiderati.

Mi riferisco in particolare al rapporto, o i rapporti, che intercorrono tra donatore e strumenti di dono, tra questi ultimi e l’obiettivo di raccolta. E ancora, relazionare in merito a obiettivi di raccolta e rischio di investimento sullo strumento scelto.

Alla base ci deve essere la conoscenza della piramide del donatore e il rapporto con il dono, solitamente inversamente proporzionale alla tipologia di donatore:

al grande donatore o ai donatori dal grande potenziale (non sempre coincidenti) corrispondono grandi donazioni o donazioni dall’alto potenziale. Allo stesso tempo, a donatori occasionali, più significativi dal punto di vista numerico, corrispondono atti di dono più contenuti dal punto di vista qualitativo.

Il rapporto è rappresentato come segue:

ELENAZANELLA_PIANIFICAZIONE3

Una volta chiarito questo rapporto, al fundraiser corre il compito di creare dei donor cluster entro cui inserire i propri donatori. Ogni organizzazione ha la propria suddivisione che può essere più o meno articolata ma che fa riferimento a indicatori specifici. Un esempio (relativo e mai assoluto) è quello che segue:

ELENAZANELLA_PIANIFICAZIONE5

Da qui, va personalizzata la piramide del proprio donatore:

ELENAZANELLA_PIANIFICAZIONE6Definiti i cluster, al fundraiser alle prese con un progetto di raccolta o con la pianificazione allargata delle proprie attività corre l’obbligo di rispondere a 4 interrogativi determinanti:

  1. Qual è l’obiettivo generale di progetto?
  2. Quale invece l’obiettivo specifico?
  3. Qual è l’obiettivo di raccolta? Fondi? Dati di contatto? Risorse? Volontari? Altro?
  4. Qual è il budget a disposizione?

Una volta chiariti questi aspetti, arriva il momento di visualizzare i rapporti intercorrenti all’interno di un’ipotetica strategia utilizzando lo strumento della piramide o, per meglio dire, visualizzare un flusso più articolato di rapporti derivante dall’intersezione di più piramidi. Doti Map è lo strumento che nasce appunto per permettere di definire visivamente questo rapporto.

DOTI MAP. PIANIFICARE SULLA PIRAMIDE
(donatori, obiettivi, tools, investimenti. EZ1018)

ELENAZANELLA_PIANIFICAZIONE8Partendo da sx:

  • nella prima piramide suddivido i target secondo le indicazioni date più sopra;
  • nella seconda piramide imputo l’obiettivo economico (ma non solo: lead, persone, gift in kind, relazioni etc.) che desidero raggiungere in relazione al target;
  • per il raggiungimento di questi obiettivi, sarà necessario individuare le modalità e gli strumenti più opportuni da mettere in atto e strumentali ai fini dati: terza piramide;
  • nella quarta e ultima piramide va visualizzato l’investimento economico (ma non solo: tempo, relazioni etc.) a seconda del target.

Per visualizzare con facilità le relazioni, suggerisco di usare il colore. Ciascun target può caratterizzato da un colore specifico che replicherò su ciascuna piramide come nell’esempio che segue:

ELENAZANELLA_PIANIFICAZIONE8Questo approccio visivo si presta a un’estrema flessibilità. Può essere, ad esempio, arricchito con ulteriori piramidi esplodendo, in questo modo, ciascun livello di contatto. O ancora può essere accompagnato dal planning delle attività individuate o da un foglio di calcolo per la puntualizzazione degli investimenti.

L’approccio si inserisce in quello ben più complesso del design thinking, permettendo di visualizzare su carta i processi scomponendoli in unità più semplici in modo da renderli più comprensibili e, di consenguenza, più governabili.

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